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In Evidenza - 20 nov 2025
CIA Chieti–Pescara rafforza le collaborazioni con gli istituti scolastici del territorio per il progetto di Alternanza S
CIA Agricoltori Italiani Chieti–Pescara rafforza il proprio impegno nella formazione dei giovani attraverso un progetto di Alternanza Scuola-Lavoro che coinvolge l’Istituto Agrario “Cosimo-Ridolfi” di Scerni e l’Istituto Tecnico Statale “G. Marconi” di Penne. Gli studenti stanno svolgendo le attività formative nelle sedi CIA di Scerni, San Salvo, Vasto, Piazzano di Atessa e Penne, dove hanno la possibilità di confrontarsi con il funzionamento quotidiano degli uffici e delle principali pratiche del settore agricolo.
Affiancati dai tutor interni, gli studenti approfondiscono procedure operative come la gestione del fascicolo aziendale, le pratiche amministrative e gli adempimenti richiesti alle imprese agricole. Nella sede di Penne, in particolare, i ragazzi si sono occupati di attività fiscali, tra cui IMU, modello 730 e altre dichiarazioni, acquisendo competenze concrete sulle normative e sugli strumenti utilizzati per la gestione fiscale delle imprese.
“Crediamo profondamente in questi progetti perché rappresentano un investimento sul futuro dell’agricoltura e dei giovani del nostro territorio”, dichiara il presidente della CIA Chieti–Pescara, Domenico Bomba, “Offrire ai ragazzi l’opportunità di confrontarsi con il mondo del lavoro significa dare loro strumenti reali per comprendere la complessità del settore e, allo stesso tempo, sostenere la crescita professionale delle nuove generazioni. È un impegno a cui teniamo molto e che continueremo a portare avanti con convinzione.”
La collaborazione con gli istituti scolastici conferma la volontà dell’organizzazione di contribuire attivamente alla formazione dei futuri professionisti del settore, rafforzando il legame tra scuola, territorio e imprese agricole.
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In Evidenza - 20 nov 2025
Assemblea Cia: la Pac non si tocca. Tutti in piazza a Bruxelles il 18 dicembre
“L’agricoltura non chiede privilegi, pretende rispetto. Non può essere una voce residuale del bilancio Ue, perché è la condizione stessa dell’Europa: garantisce cibo sicuro, tutela dell’ambiente, resilienza dei territori e futuro delle comunità. Per questo, il 18 dicembre saremo in piazza a Bruxelles, con oltre 5mila agricoltori e almeno mille trattori in arrivo da ogni parte del continente, per ribadire che il settore è primario per un motivo”. Un messaggio che non lascia spazio ai dubbi. Così il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha aperto l’Assemblea annuale 2025, davanti al vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto, al ministro Francesco Lollobrigida, ai parlamentari e ai delegati da tutta Italia, riuniti all’Auditorium Antonianum di Roma sotto lo slogan “Coltiviamo l’Europa, proteggiamo il Futuro”.
“Oggi siamo a una svolta pericolosa. Il rischio di un progressivo smantellamento della Pac dopo il 2027, delineato dal nuovo Quadro Finanziario Pluriennale, appare sempre più concreto -ha spiegato Fini-. Questo significherebbe un taglio drastico delle risorse e la loro dispersione in un fondo unico, destinato a generare conflitti tra comparti e a compromettere il mercato unico. Sarebbe la fine di un sistema equo: avremmo agricolture di serie A e agricolture abbandonate alla serie B”. Ecco perché, ha ribadito il presidente di Cia, “rilanciamo una mobilitazione senza tregua, finché non vedremo un cambio di passo vero, non di facciata. Ora l’Italia assuma con forza la guida di questa battaglia decisiva per il futuro dell’agricoltura e le istituzioni nazionali ed europee dimostrino davvero, con fatti e non parole, di essere dalla nostra parte”.
SERVE UNA SCOSSA POLITICA, NO ALL’EUROPA DEI RINVII – Nella sua relazione, Fini ha segnalato una deriva generalizzata sempre più evidente: “Durante la pandemia, l’Europa è stata rapida, solidale, concreta. Adesso sembra attraversata da lentezze, divisioni, compromessi al ribasso -ha dichiarato-. Ma la complessità globale non si governa con 27 politiche diverse”. Cia chiede una vera Europa federale, dotata di una politica estera, di difesa, energetica e industriale comune: “Draghi e Letta hanno descritto con crudezza ciò che abbiamo sotto gli occhi. Senza una vera unione politica, decisioni rapide e non ostaggio dell’unanimità, la Ue non reggerà le transizioni demografica, tecnologica, economica e geopolitica. Anche un’Europa a due velocità è preferibile a un’Europa immobile”.
LA PAC È IL CUORE DELL’UNIONE. NON PUO’ ESSERE DEMOLITA – Nessuna politica Ue ha generato più stabilità della Pac. “È la politica più antica, la più solida, la più europea. Ha garantito per oltre cinquant’anni sicurezza alimentare, coesione sociale, presidio delle aree interne”, ha sottolineato il presidente di Cia. Per questo motivo, la proposta della Commissione è considerata “pericolosa e miope”: trasformare la Pac post 2027 in un capitolo indistinto del QFP e tagliare le risorse del 22% indebolirebbe il settore e l’intero impianto comunitario. Il peso dell’agricoltura nel bilancio Ue crollerebbe dal 31% al 15% e solo per l’Italia significherebbe passare da 40 miliardi a circa 31, con 9 miliardi di perdita netta. “Non è una riforma tecnica: è un cambio di paradigma. E a perderci sarebbero agricoltori, cittadini e territori -ha rimarcato Fini-. Ridurre la Pac a una voce qualsiasi del bilancio significa indebolire l’Europa stessa”.
PAC E COESIONE: UN APPELLO PER AGRICOLTURA E AREE INTERNE – Il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034 e la futura Pac, insomma, “sono il banco di prova decisivo per lo sviluppo dell’Europa in cui crediamo”, ha detto il presidente di Cia, lanciando un appello diretto: “La Pac deve restare fuori dal fondo unico. Va rafforzata e finanziata di più, non ridimensionata, e va preservata nella sua autonomia, non rinazionalizzata. Non è in gioco solo il reddito degli agricoltori, ma anche la sicurezza alimentare e il mercato unico europeo”. Fini ha anche criticato le ultime correzioni proposte dalla Commissione: “Si tratta di aggiustamenti estetici, non cambia la sostanza. Non risolvono le criticità strutturali né rispondono alle istanze del mondo agricolo”. Poi il richiamo essenziale alle politiche di coesione: “Restare nella propria terra è un diritto universale. Ma senza servizi, connessioni, opportunità, i giovani vanno via e le campagne si spopolano. E senza agricoltura la coesione svanisce”. Per questo, ha evidenziato il presidente di Cia, “non dobbiamo mettere in competizione la politica di coesione con quella agricola né alimentare una logica di contrapposizione per l’assegnazione delle risorse. Al contrario, deve esistere una sinergia efficace tra le due, per sostenere la crescita dei territori e la competitività delle imprese”. I dati parlano chiaro: il 56% della superficie coltivabile italiana si trova nelle aree interne, dove vivono 13 milioni di persone, soprattutto agricoltori, argine contro il dissesto idrogeologico che mette a rischio il 60% del territorio nazionale. “Difendere queste zone significa difendere l’Italia reale”.
SEMPLIFICAZIONE E COMPETITIVITÀ: GARANTIRE IL GIUSTO VALORE – Per Fini “la burocrazia è diventata il peggior nemico della produttività”, ecco perché “la semplificazione è la parola chiave per il futuro del settore. Non significa deregolamentare, ma rendere le regole più efficaci, comprensibili e applicabili” perché “non possiamo più vivere in un labirinto normativo”. Il presidente di Cia ha ribadito le priorità della Confederazione: bene i pacchetti “Omnibus” e le proposte per semplificare l’attuale Pac, da implementare rapidamente a livello nazionale. Servono, quindi, misure più flessibili e digitalizzate; garantire l’accesso rapido a fitofarmaci alternativi; accelerare l’approvazione delle nuove tecniche genomiche (NGT). Soprattutto, bisogna risolvere uno dei problemi più impattanti: la distribuzione equa del valore lungo la filiera. “Su questo gli agricoltori non possono più attendere. Non può accadere più di vendere i nostri prodotti addirittura sotto i costi di produzione. Basta al grano sottocosto, basta subire pratiche commerciali sleali”, ha denunciato Fini. I dati lo dimostrano: chi produce grano duro nel Mezzogiorno perde dal 2% al 7% a tonnellata. Più in generale, su 100 euro spesi dal consumatore, solo 7 euro arrivano all’agricoltore. “Non è accettabile che la filiera scarichi gli squilibri sugli agricoltori. Il giusto valore non è uno slogan: è una necessità”.
COMMERCIO INTERNAZIONALE: APERTI SÌ, INGENUI NO – Nella sua relazione, il presidente di Cia ha chiarito che l’organizzazione non mette in discussione l’apertura dei mercati, ma chiede una linea europea molto più ferma: “Non possiamo competere con Paesi che producono con regole diverse, spesso inesistenti. Senza reciprocità non c’è concorrenza, c’è dumping”. L’accesso al mercato deve avvenire su basi eque, con standard ambientali, sociali e di sicurezza alimentare equivalenti a quelli richiesti agli agricoltori europei. Le richieste sono chiare: clausole di salvaguardia automatiche in ogni accordo, controlli veri alle frontiere, tracciabilità totale, stop alle concessioni unilaterali e tutela dei prodotti più esposti. “Questa deve essere la bussola da seguire anche nelle trattative sul Mercosur”, ha evidenziato Fini. Quanto alle tariffe, “non siamo per l’uso dei dazi come arma politica: i costi superano i benefici”. Lo dimostrano gli ultimi numeri sull’export verso gli Usa: nell’estate 2025, rispetto allo stesso periodo del 2024, sono già evaporati 282 milioni di euro di prodotti agroalimentari tricolori dal mercato statunitense. “Bisogna tornare a negoziare -ha rilanciato il presidente di Cia-. Non accetteremo mai che l’agroalimentare italiano ed europeo diventi merce di scambio nella geopolitica globale”.
“Queste sono le istanze del nostro settore. Ora chiediamo alle istituzioni di fare la propria parte: con coraggio, visione e coerenza. Perché senza agricoltura non c’è sicurezza alimentare, ambientale e sociale. Non c’è futuro. Non c’è Europa -ha chiosato il presidente di Cia-. È questo il messaggio che porteremo a Bruxelles il 18 dicembre insieme al Copa-Cogeca: non stiamo difendendo solo un comparto, ma il destino stesso dei territori e delle generazioni che verranno”.
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In Evidenza - 18 nov 2025
Formazione obbligatoria per allevatori e trasportatori di animali: cosa cambia da gennaio 2026
Il Ministero della Salute, con il Decreto del 6 settembre 2023, ha introdotto un importante aggiornamento in materia di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali.
La principale novità riguarda l’introduzione di corsi di formazione obbligatori per allevatori e trasportatori di animali, che diventano un requisito indispensabile per operare all’interno del Sistema I&R (Identificazione e Registrazione degli animali).
Chi è soggetto all’obbligo formativo
L’obbligo riguarda:
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Allevatori la cui attività prevede la gestione di animali identificati e registrati individualmente e allevati in strutture (stalle) riconosciute o registrate dalle Autorità competenti.
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Trasportatori di animali coinvolti nelle attività di movimentazione di capi identificati.
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Persone giuridiche: in questo caso la formazione è a carico del rappresentante legale dell’azienda.
Sono esclusi dall’obbligo:
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privati che detengono animali esclusivamente per uso familiare, autoconsumo o domestico;
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detentori di animali a fini amatoriali o come animali da compagnia.
Da quando scatta l’obbligo e quali sono le conseguenze
A partire dal 1° gennaio 2026, l’attestato di partecipazione al corso di formazione diventa requisito fondamentale per:
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registrarsi al Sistema I&R;
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registrare gli animali e le strutture di allevamento;
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ottenere l’abilitazione al Sistema Informativo Nazionale;
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avviare o proseguire l’attività allevatoriale.
Chi non adempie all’obbligo entro tale data rischia:
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sanzioni amministrative;
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l’impossibilità di registrare la stalla;
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il mancato rilascio dell’abilitazione al Sistema I&R;
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la sospensione dell’attività allevatoriale.
Come si svolgono i corsi
Per garantire una partecipazione semplice e accessibile, la Confederazione ha attivato la nuova piattaforma online CIA Business School, attraverso la quale verranno erogati i corsi.
Le caratteristiche principali:
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Modalità FAD asincrona (lezioni disponibili 24/7, seguibili da qualsiasi luogo);
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Durata: 18 ore complessive;
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Contenuti suddivisi per specie zootecniche;
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Costo agevolato per i soci CIA.
Procedura di iscrizione
1. Raccolta adesioni
2. Caricamento dati
3. Abilitazione dell’utenza
4. Invio delle credenziali
5. Fruizione del corso
6. Test finale e attestato
7. Registrazione della formazione
L’ente erogatore provvede alla registrazione ufficiale dell’avvenuta formazione presso il Ministero della Salute.
Per ulteriori informazioni o per avviare la procedura di iscrizione, è possibile rivolgersi all'ufficio CIA a te più vicino.
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In Evidenza - 17 nov 2025
Dazi Usa, Cia: quarto mese di calo per l’export agroalimentare. Persi finora 282 milioni di euro
L’Italia incassa un nuovo colpo sul fronte commerciale con gli Stati Uniti. A settembre l’export agroalimentare segna un pesante -11%, confermando per il quarto mese consecutivo il rallentamento innescato dai dazi Usa e mettendo fine al lungo ciclo di crescita che per anni aveva trainato il Made in Italy oltreoceano. Lo dichiara l’Ufficio Studi di Cia-Agricoltori Italiani, analizzando gli ultimi dati Istat.
In termini assoluti, nell’estate 2025 (giugno-settembre), rispetto allo stesso periodo del 2024, sono evaporati 282 milioni di euro di prodotti tricolori dal mercato statunitense.
Una brusca frenata che pesa anche sul bilancio annuale: nei primi nove mesi del 2025, l’export agroalimentare italiano verso gli Usa scende al -1,2%, invertendo completamente il +4% ottenuto nello stesso periodo del 2024. Evidenziando come la spinta positiva di inizio anno non sia stata sufficiente a compensare il contraccolpo estivo, segnato dall’ingresso dei nuovi dazi.
“Questi numeri non sono un campanello d’allarme, sono una sirena -osserva il presidente nazionale, Cristiano Fini-. Le nostre imprese stanno affrontando una pressione crescente dovuta ai dazi, che mettono a rischio competitività, margini e programmazione. Servono misure tempestive e negoziati chiari per difendere anni di lavoro e di presenza costruita sul mercato americano”.
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In Evidenza - 17 nov 2025
Dal Forum “Agricoltura & Acqua” un appello condiviso per un nuovo modello di governance regionale
Si è concluso con grande partecipazione il Forum “Agricoltura & Acqua – Consorzi di Bonifica abruzzesi oggi e domani”, organizzato da CIA Abruzzo e ANBI Abruzzo presso l’Hotel Villa Maria di Francavilla al Mare.
Un confronto ricco e concreto, in cui i Consorzi di Bonifica, gli agricoltori e le istituzioni hanno condiviso criticità, priorità e proposte operative per il futuro delle infrastrutture idriche regionali. Ad aprire i lavori è stato il presidente di CIA Abruzzo, Nicola Sichetti, che ha richiamato l’importanza di un momento di confronto ampio e costruttivo per rilanciare il sistema irriguo regionale, sottolineando la necessità di mettere l’agricoltura e la gestione dell’acqua al centro delle politiche pubbliche.
Subito dopo è intervenuto il presidente di ANBI Abruzzo, Enisio Tocco, che ha ribadito come “i piani di risanamento vadano considerati e sostenuti dalla Regione con decisione e continuità”, evidenziando l’urgenza di una programmazione chiara e di un adeguato sostegno istituzionale alle opere di bonifica.
La tavola rotonda, moderata dal giornalista Pasquale Tritapepe, ha raccolto i contributi dei rappresentanti di tutti i Consorzi di Bonifica abruzzesi. Nicolino Torricella, del Consorzio di Bonifica Sud, ha ricordato che “i Consorzi operano in contesti difficili ma hanno un ruolo fondamentale nella tutela dei territori”, mentre dal Consorzio di Bonifica Centro è arrivato il richiamo al bisogno urgente di nuovi invasi e infrastrutture moderne.
Roberto Battaglia, del Consorzio di Bonifica Nord, ha sottolineato la necessità di fare chiarezza sui compiti dei Consorzi dopo il lungo periodo di commissariamento, mentre Giancarlo Annibale Di Pasquale, del Consorzio di Bonifica Ovest, ha evidenziato la necessità di rafforzare strutture e risorse operative per rispondere alle nuove richieste dei territori.
Un contributo importante è arrivato anche da Donato Di Marco, referente CIA nel Consorzio di Bonifica Interno, che ha evidenziato come, nonostante l’Abruzzo sia una delle regioni più ricche d’acqua d’Italia, le infrastrutture risultino ancora insufficienti: “Il vero problema non è la disponibilità della risorsa, ma la sua corretta gestione e distribuzione”. Sulla necessità di un coordinamento regionale più solido si è soffermata anche ANBI, ricordando quanto sia fondamentale evitare frammentazioni e duplicazioni operative.
Sul fronte delle politiche comunitarie è intervenuta Alessandra De Santis (CIA Agricoltori Italiani), illustrando le opportunità europee per la modernizzazione delle infrastrutture idriche, ricordando che la nuova programmazione comunitaria richiede progettualità solide e visioni condivise.
Nel corso del dibattito è emersa anche la necessità, sostenuta da ANBI, di un coordinamento regionale più forte per evitare sovrapposizioni e ottimizzare gli investimenti, mentre ha suscitato interesse la proposta di sviluppare impianti per la produzione di energia rinnovabile a supporto dei Consorzi, così da ridurre costi e liberare risorse per manutenzione e interventi strategici.
Nel corso della giornata è intervenuto anche l’assessore all’Agricoltura e vicepresidente della Regione Abruzzo, Emanuele Imprudente, che ha insistito sulla necessità di una nuova stagione di progettazione: “La Regione può cogliere i finanziamenti solo quando si aprono i canali, ma per farlo devono già esistere progetti concreti, pronti, solidi”. Ha poi sottolineato che “vanno superate le metodologie di irrigazione di oggi, perché senza sistemi più moderni ed efficienti continueremo a sprecare acqua e opportunità”.
“Dobbiamo rimettere i nostri Consorzi nella condizione di poter partire nelle stesse condizioni di altri. Le difficoltà ci sono, ma le soluzioni possiamo trovarle, e il lavoro di oggi va proprio in questa direzione”. Riprendendo le considerazioni dell’assessore Imprudente, ha aggiunto che “senza progettualità pronte e senza innovazione nei sistemi irrigui resteremo sempre un passo indietro. È il momento di unire competenze e volontà per trasformare le criticità in opportunità”.
A chiudere i lavori è stato il vicepresidente ANBI nazionale, Stefano Calderoni, che ha tracciato una sintesi complessiva dell’intero confronto. Calderoni ha ricordato come il tema dell’acqua unisca responsabilità operative, visione strategica e capacità di ascolto del territorio: “Dobbiamo rimettere i nostri Consorzi nella condizione di poter partire nelle stesse condizioni di altri. Le difficoltà ci sono, ma le soluzioni possiamo trovarle, e il lavoro di oggi va proprio in questa direzione”.
Calderoni ha concluso osservando che il Forum ha mostrato una forte convergenza tra Consorzi, agricoltori e istituzioni: “Le sfide non sono semplici, ma oggi si è visto chiaramente che esiste una volontà comune di costruire un modello di gestione dell’acqua più efficace, più innovativo e più vicino ai territori. Solo così potremo garantire sicurezza, competitività e futuro al comparto agricolo abruzzese”.
La giornata, coordinata da Bruno Sfrattoni, si è chiusa con un momento di confronto informale tra i partecipanti, confermando l’intenzione condivisa di proseguire il lavoro avviato e dare concretezza alle proposte emerse chiedendo ufficialmente all’assessore regionale l’istituzione di un tavolo tecnico.
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In Evidenza - 11 nov 2025
Le novità per l’agricoltura nella Legge di Bilancio 2026
La bozza della Legge di Bilancio 2026, attualmente all’esame del Consiglio dei Ministri, introduce alcune novità nel settore agricoltura.
Agevolazioni fiscali: proroga dell’esenzione IRPEF
Sul fronte fiscale, la Legge di Bilancio 2026 estende per un altro anno l’esenzione parziale dalle imposte sul reddito dei terreni agricoli.
In particolare:
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i redditi dominicali e agrari fino a 10.000 euro restano totalmente esclusi dalla base imponibile IRPEF;
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per la fascia tra 10.000 e 15.000 euro, l’esclusione è del 50%.
Il meccanismo ricalca quello già in vigore per il 2025 e continua a rappresentare un sollievo per molte imprese agricole di piccole dimensioni.
Non sono tuttavia previsti interventi di semplificazione per le società semplici agricole, dove il calcolo della quota esente resta complesso.
Ritorna l’ammortamento maggiorato per gli investimenti
Dopo alcuni anni di prevalenza dei crediti d’imposta, torna in primo piano lo strumento dell’ammortamento maggiorato per stimolare gli investimenti produttivi.
La misura riguarda due categorie di beni:
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Beni “Industria 4.0”, materiali e immateriali, interconnessi al sistema di gestione aziendale o alla rete di fornitura;
-
Beni per l’autoproduzione energetica, cioè impianti e macchinari destinati alla produzione e all’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, inclusi i sistemi di accumulo.
Livelli di maggiorazione previsti
| Valore dell’investimento | Maggiorazione |
|---|
| Fino a 2,5 milioni € | 180% |
| Oltre 2,5 e fino a 10 mln € | 100% |
| Oltre 10 e fino a 20 mln € | 50% |
Incentivi “green”: maggiorazioni per la riduzione dei consumi
Per gli investimenti che contribuiscono alla transizione ecologica, la maggiorazione è ulteriormente incrementata.
È sufficiente dimostrare una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva di almeno il 3%, o dei processi produttivi interessati di almeno il 5%.
| Valore dell’investimento | Maggiorazione “green” |
|---|
| Fino a 2,5 milioni € | 220% |
| Oltre 2,5 e fino a 10 mln € | 140% |
| Oltre 10 e fino a 20 mln € | 90% |
Rientrano automaticamente tra gli investimenti “green” anche:
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la sostituzione di beni obsoleti (ammortizzati da almeno 24 mesi) con nuovi beni 4.0;
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i progetti di efficientamento energetico realizzati tramite Energy Service Company (ESCo) con contratto EPC (Energy Performance Contract).
Credito d’imposta del 40% per beni strumentali 4.0
La principale novità per il comparto agricolo è introdotta dall’articolo 97 della bozza: un credito d’imposta del 40% per gli investimenti in beni strumentali nuovi 4.0, destinato a imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura.
Sono agevolabili macchinari, impianti e software digitali inclusi negli Allegati A e B della Legge 232/2016, fino a un tetto di 1 milione di euro per impresa.
Le spese devono essere sostenute nel corso del 2026, oppure entro il 30 giugno 2027 se l’investimento è prenotato entro il 31 dicembre 2026 con un acconto minimo del 20%.
Il credito è utilizzabile in compensazione (modello F24) e può essere cumulato con altri aiuti, ma non con:
Documentazione richiesta
Per evitare la revoca del beneficio, le imprese devono conservare:
In caso di vendita o dismissione del bene prima del quinto anno successivo all’investimento, il credito viene ridotto proporzionalmente e la quota indebitamente fruita va restituita.
Questa misura rappresenta un vantaggio concreto per le piccole imprese agricole, poiché consente un recupero immediato sotto forma di credito d’imposta, a differenza dell’ammortamento maggiorato.
Tuttavia, il fondo nazionale è limitato: 1,4 milioni di euro per il 2026 e 700mila per il 2027, rendendo l’incentivo selettivo ma strategico.
Rifinanziamento della “Nuova Sabatini”
L’articolo 98 interviene sulla “Nuova Sabatini”, rifinanziando lo strumento con ulteriori risorse:
L’obiettivo è continuare a sostenere gli investimenti delle PMI agricole e industriali, favorendo l’acquisto di beni strumentali e tecnologie innovative.
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