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1 In Evidenza - 23 dic 2025

Natale 2025, cresce la spesa per prodotti locali e agriturismi, ma il reddito agricolo resta in crisi

Il Natale 2025 arriva in un contesto economico complesso, segnato da un aumento generalizzato dei prezzi che pesa sulle famiglie e sulle imprese. La spesa natalizia cresce in media tra il 6 e l’8% rispetto allo scorso anno, ma non perché si compri di più: si spende di più per acquistare le stesse quantità. A incidere sono soprattutto i rincari energetici, logistici e dei servizi, mentre il reddito reale dei cittadini continua a ridursi.

In questo scenario, però, c’è un aspetto che continua a essere sottovalutato: l’aumento dei prezzi al consumo non genera reddito per gli agricoltori. “Il problema è evidente”, dichiara il Presidente CIA Chieti-Pescara Domenico Bomba, “mentre tutto aumenta, chi produce cibo resta sempre l’anello debole. Non è più accettabile che i costi e i rincari siano scaricati su famiglie e imprese agricole”.

Nelle province di Chieti e Pescara operano complessivamente circa 20.000 aziende agricole, quasi la metà del totale regionale. Nel solo Chietino si contano oltre 14.000 imprese agricole, mentre nel Pescarese sono circa 6.000, in gran parte aziende di piccola e media dimensione. “Questi numeri raccontano il peso del nostro tessuto produttivo”, sottolinea Bomba, “e spiegano perché ogni aumento di costo diventa un problema reale per migliaia di famiglie e comunità”.

Da mesi assistiamo a un paradosso evidente: i prezzi al consumo aumentano, ma il reddito degli agricoltori resta fermo o addirittura diminuisce. “Non sono i produttori a speculare”, aggiunge Bomba. “Gli aumenti si concentrano lungo la filiera, mentre chi coltiva, alleva o trasforma continua a stringere i denti per garantire qualità e disponibilità”.

Nel periodo natalizio questo squilibrio diventa ancora più evidente. Un olio extravergine abruzzese, un formaggio tipico o un salume artigianale venduti direttamente in azienda mantengono prezzi stabili, offrendo qualità, tracciabilità e sicurezza alimentare. “Quando gli stessi prodotti raddoppiano sugli scaffali”, osserva Bomba, “è chiaro che il valore non arriva a chi lavora nei campi”.

È in questo contesto che nasce la mobilitazione degli agricoltori. “Siamo scesi in piazza perché non è accettabile che chi produce cibo venga lasciato solo”, dichiara il Presidente. “Siamo andati a manifestare a Bruxelles sotto Natale, nel momento simbolicamente più delicato dell’anno, per chiedere che il sistema smetta di far pagare la crisi sempre agli stessi”.

Eppure, anche dentro uno scenario difficile, emerge un segnale positivo: cresce la scelta consapevole dei prodotti agricoli locali e della vendita diretta. In Abruzzo, secondo le prime stime del settore, oltre una famiglia su due ha acquistato almeno un prodotto natalizio direttamente da aziende agricole, mercati contadini o agriturismi. “Questa è la prova che i cittadini comprendono il valore di una filiera equa”, commenta Bomba, “e che il mercato può premiare chi produce bene e mantiene il territorio”.

Le festività confermano inoltre un’altra tendenza strutturale: l’Abruzzo è sempre più meta di turismo di prossimità. Oltre il 60% dei visitatori sceglie soggiorni brevi, seconde case, agriturismi e borghi interni. “Ogni euro speso nelle aziende locali”, sottolinea Bomba, “resta sul territorio, sostiene lavoro regolare e contribuisce alla tenuta sociale delle aree interne. Non è folklore, è economia reale”.

Il Natale ci dice chiaramente che le filiere corte e la vendita diretta non sono un’alternativa marginale, ma una risposta concreta all’inflazione e alla crisi dei consumi. “Ora servono scelte politiche coerenti”, conclude il Presidente provinciale, “meno burocrazia, infrastrutture adeguate nelle aree rurali, controlli seri sulla filiera e sostegno reale alle aziende agricole che resistono. Difendere il reddito agricolo non è una battaglia di categoria, è una scelta di interesse generale”



Gli agricoltori non chiedono privilegi, ma di non essere l’anello debole di un sistema che funziona solo se è equo. Se oggi sulle tavole abruzzesi arrivano prodotti di qualità, è perché gli agricoltori hanno continuato a produrre nonostante tutto. 

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1 In Evidenza - 22 dic 2025

Agricoltura abruzzese a rischio: CIA lancia l’allarme e chiede interventi urgenti nella Legge di Previsione 2026/28

CIA Abruzzo lancia un allarme sulla situazione del comparto agricolo regionale e chiede alla Regione interventi urgenti nell’ambito della Legge di Previsione delle spese 2026/2028. 

In particolare, CIA Abruzzo sollecita la conferma dei fondi di 7,5 milioni di euro già previsti dall’articolo 24 della legge regionale n. 4/2024 a favore dei viticoltori danneggiati dalla peronospora nel 2023, fondi indispensabili per la sopravvivenza delle aziende vitivinicole, molte delle quali ancora in grave difficoltà economica. 

Parallelamente, l’organizzazione chiede il raddoppio del fondo per i danni da fauna selvatica per il triennio 2026/2028, attualmente considerato insufficiente, al fine di garantire agli agricoltori indennizzi adeguati e la possibilità di recuperare gli investimenti, proseguire la produzione nonostante le perdite causate da cinghiali, caprioli e altre specie e superare l’attuale sistema di rimborso a percentuale, giudicato del tutto insoddisfacente. 

Sul fronte della zootecnia, colpita dalla Lingua Blu nel 2025, CIA Abruzzo richiede l’attivazione immediata di un piano straordinario che preveda indennizzi per le perdite di capi, rimborso delle spese sostenute per vaccini e repellenti e contributi per il ripristino del patrimonio tramite nuovi riproduttori, oltre alla programmazione di una campagna vaccinale coordinata per il 2026, per evitare il collasso del settore e gravi danni all’economia e all’occupazione regionale. 

CIA sollecita inoltre l’istituzione di una piattaforma informatica unica regionale per la filiera agricola, capace di gestire in maniera integrata assegnazione del gasolio agricolo, presentazione della PUA, riconoscimento della qualifica IAP, iscrizioni agli albi specialistici e altri servizi, semplificando gli adempimenti, garantendo trasparenza e riducendo i costi per imprese e Pubblica Amministrazione, allineando l’Abruzzo alle migliori pratiche regionali esistenti. 

“Non possiamo permettere che i nostri agricoltori siano lasciati soli di fronte a emergenze sanitarie e danni continui”, commenta Nicola Sichetti, Presidente di CIA Abruzzo, “È fondamentale che la Regione metta in campo subito risorse concrete: investire nell’agricoltura significa salvaguardare l’economia, proteggere i posti di lavoro e tutelare la vitalità dei nostri territori.” 

CIA Abruzzo sottolinea che l’attuazione di queste misure non è solo urgente, ma strategica per garantire la sostenibilità e la competitività del settore agricolo abruzzese, con effetti positivi sull’intera economia regionale e sul presidio sociale dei territori marginali, e auspica che la Legge di Previsione 2026/2028 preveda i fondi necessari per sostenere concretamente gli agricoltori.

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1 In Evidenza - 20 dic 2025

Cia: anche l’Abruzzo in prima linea a Bruxelles al fianco gli agricoltori europei

Una giornata storica per l’agricoltura europea: oltre 10mila produttori e centinaia di trattori hanno sfilato per le strade di Bruxelles, davanti al Parlamento Ue, per chiedere un futuro sostenibile e competitivo per il settore.

Cia–Agricoltori Italiani era presente in prima linea, con delegazioni da tutta Italia e, in particolare, una folta rappresentanza dall’Abruzzo, che ha voluto ribadire il sostegno agli agricoltori italiani ed europei.

La mobilitazione, sostenuta da oltre 40 organizzazioni agricole dei 27 Stati membri riunite nel Copa-Cogeca, ha lanciato un messaggio chiaro alle istituzioni europee: la riforma della Pac post 2027, così come proposta, è inaccettabile. I produttori hanno chiesto di ascoltare chi ogni giorno garantisce cibo, lavoro e futuro ai territori, denunciando tagli di bilancio, scelte politiche penalizzanti, concorrenza sleale e burocrazia opprimente.

Sul palco di Place du Luxembourg, davanti al Parlamento Ue, il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, ha sottolineato: “Non accetteremo scelte che indeboliscono il settore. È il momento di cambiare rotta e ascoltare gli agricoltori, il cuore pulsante dell’Europa.”

La partecipazione dell’Abruzzo testimonia l’unità e la determinazione dei territori italiani nel difendere un’agricoltura forte, sostenibile e sicura.

"La nostra presenza dall’Abruzzo a Bruxelles dimostra quanto i nostri agricoltori sentano sulla propria pelle le conseguenze di scelte europee lontane dalla realtà dei territori” – ha dichiarato Nicola Sichetti, presidente di CIA Abruzzo. “La Pac post 2027, così come impostata, rischia di penalizzare in modo particolare le regioni come la nostra, caratterizzate da aree interne, agricoltura familiare e produzioni di qualità. Chiediamo un’Europa che investa davvero in chi presidia il territorio, garantisce sicurezza alimentare e tutela l’ambiente, riducendo burocrazia e concorrenza sleale. Senza agricoltori non c’è futuro né per l’Abruzzo né per l’Europa.

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1 In Evidenza - 20 dic 2025

Cia in piazza a Bruxelles. Agricoltura non si svende, con riforma Pac a rischio 270mila aziende


“Siamo in piazza per dire no a un’Europa che svende l’agricoltura, mette le armi davanti al cibo, compromette la sicurezza alimentare dell’Unione e rischia di far chiudere, solo in Italia, oltre 270mila aziende del settore. È inaccettabile: o arriva una scossa politica forte e un cambio di rotta deciso o si condanna il nostro futuro”. Questo l’appello del presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, dalla grande manifestazione a Bruxelles, con 10mila produttori e centinaia di trattori provenienti da ogni parte del continente.


In prima linea la folta delegazione Cia, riunita sotto lo striscione “Ursula, basta bugie”, con cartelli che parlano chiaro: “Pac post 2027: non è una riforma, è la fine dell’agricoltura”, “Agricoltori senza Pac, Europa senza cibo” e “Terra chiama Ursula, la sicurezza siamo noi”. Una presa di posizione netta, a tutela di tutti i cittadini europei, contro la proposta della Commissione targata von der Leyen, che vuole tagliare le risorse del 22%, sottraendo all’Italia 9 miliardi di euro, e far confluire la Pac in un fondo unico, generando competizione tra settori, mettendo a rischio il mercato comune e colpendo al cuore il sistema produttivo europeo e nazionale.


Un allarme che non è solo politico, ma supportato da dati concreti. Secondo le stime di Cia, infatti, se confermata, la proposta di riforma della Pac post 2027 con meno risorse e fondo unico potrebbe avere effetti devastanti per l’agricoltura italiana, mettendo a rischio la sopravvivenza di 270mila aziende del settore, pari a quasi un terzo del totale (31,65%), a partire dalle più piccole e vulnerabili. Le conseguenze sarebbero diffuse su tutto il territorio: -26% al Nord, -33% al Centro e fino al -51% al Sud, colpendo in modo particolare le aree rurali e interne e aggravando divari economici e sociali già profondi. Guardando ai singoli comparti, il prezzo più alto ricadrebbe sui seminativi (-64%), sull’olivicoltura (-27%) e sulla zootecnia (-5%).


“Non è una riforma tecnica, è un vero e proprio cambio di paradigma -ha evidenziato il presidente di Cia-. La Pac è la politica più antica, più solida e più europea che esista. Ha garantito per oltre 50 anni stabilità, reddito, presidio del territorio e sicurezza alimentare. Smantellarla significa indebolire l’Europa”. Una scelta che appare ancora più miope e pericolosa se letta nel contesto globale. “Non possiamo permetterci che l’Ue disinvesta sull’agricoltura -ha sottolineato Fini- mentre gli altri grandi attori mondiali, dagli Stati Uniti alla Cina, stanziano risorse sempre più importanti a difesa e sostegno del settore primario”.


È in questo scenario che si inseriscono anche le altre ragioni della mobilitazione, dalla richiesta di una linea europea più ferma sugli accordi commerciali, per contrastare la concorrenza sleale e garantire reciprocità nelle regole e nei controlli, fino alla necessità di una semplificazione reale che liberi le imprese agricole da burocrazia e vincoli inutili.


“Quella che arriva oggi non è una protesta di categoria, ma un richiamo politico a tutte le istituzioni Ue. La Pac non è il passato dell’Europa, è una scelta strategica per il suo futuro -ha concluso il presidente di Cia-. Senza una politica agricola forte e autonoma non c’è cibo sicuro, tutela dell’ambiente, resilienza dei territori e futuro delle comunità. Ora è il momento che Bruxelles stia dalla nostra parte e scelga davvero di essere alleata di chi produce. Noi non ci fermeremo qui: continueremo a far sentire la nostra voce, con determinazione e senza arretrare di un passo”.

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1 In Evidenza - 10 dic 2025

La cucina italiana entra nel Patrimonio Unesco. Cia, premiati agricoltura e territori

La forza del Made in Italy agroalimentare sta nella stretta sinergia tra agricoltura e ristorazione, tra chi produce e chi trasforma. Nella collaborazione lungo la filiera, dal campo alla tavola, risiede il valore aggiunto del cibo italiano nel mondo. Così il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, commenta con soddisfazione l’ingresso ufficiale della cucina italiana nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco.


“La cucina nazionale è un insieme di pratiche sociali, riti e gestualità basate sui tanti saperi locali. Saperi e sapori -sottolinea Fini- che riflettono l’immensa biodiversità di prodotti e territori rappresentata dalla nostra agricoltura e valorizzata nelle tante ricette di agriturismi e ristoranti che raccontano cultura e tradizioni regionali. Così vaste e peculiari da rendere la cucina tricolore la più amata e ricercata anche all’estero”.


Per il presidente di Cia, il riconoscimento Unesco – frutto dell’impegno del governo e di un grande lavoro di squadra anche con le organizzazioni agricole – “rappresenta una nuova, grande opportunità per tutelare, garantire e promuovere sempre di più la cucina italiana nel mondo, a partire dai prodotti agricoli”.

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1 In Evidenza - 05 dic 2025

Ue: Cia, accordo su Ngt svolta storica che agricoltori aspettavano da anni


“Finalmente, dopo mesi di laboriose trattative che hanno visto Cia-Agricoltori Italiani in prima fila, l’Ue ha raggiunto un accordo preliminare che permetterà di produrre piante utilizzando New Genomic Techniques (NGT) ovvero, Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA). Noi ne abbiamo sempre sostenuto con convinzione l’importanza strategica e continueremo a vigilare per consentire che questo strumento sia accessibile per tutti gli agricoltori”. Così, il presidente di Cia, Cristiano Fini, commenta la svolta storica che consentirà al mondo agricolo di affrontare le sfide della transizione green, contrastando con efficacia le malattie delle piante e i cambiamenti climatici.

Secondo Cia, con questo accordo l’Ue non è più fanalino di coda a livello internazionale e dimostra di voler tutelare il settore agroalimentare, investendo in tecnologia per renderlo più forte e competitivo e riducendo la dipendenza dai Paesi terzi.

“I critici delle Tea hanno parlato di ‘nuovi Ogm’ ma così non è -aggiunge Fini- perché il miglioramento genetico che si ottiene con queste tecniche esclude qualsiasi trasferimento di Dna tra organismi appartenenti a specie diverse. In questo modo possiamo rispondere alle esigenze e alle difficoltà che i nostri agricoltori fronteggiano ogni giorno. Nessun passo indietro, ora, per la prossima approvazione finale da parte della plenaria di Parlamento europeo e Consiglio”.

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News Cia Abruzzo

1 In Evidenza - 21 mag 2021

Biologico: Cia, Legge approvata in Senato. Avanti per Italia protagonista

Il Senato approva la legge nazionale sul biologico e finalmente l’Italia può dirsi più vicina a un ruolo da protagonista nel settore su scala globale, forte di una leadership ampiamente riconosciuta a livello Ue e internazionale, in termini di produzione, superfici, consumi e valore dell’export. Così Cia-Agricoltori Italiani e Anabio, la sua associazione per la promozione del biologico, soddisfatte del passaggio definitivo in Senato della norma “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” di cui ora si attende iter rapido e risolutivo anche alla Camera.
Per Cia e Anabio, l’attuale testo può considerarsi coerente con la nuova legislazione comunitaria di riferimento e costituisce, quindi, la forma più avanzata per consentire al biologico italiano di produrre valore per il Paese, di recepire le esigenze dei cittadini, di essere coerente con le diverse strategie Ue. Al tempo stesso, la legge sul bio di cui ora può disporre il settore, garantisce equilibrio e, quindi, rispetto anche per le altre forme di agricoltura praticate in Italia.
L’ok al disegno di legge da parte del Senato, continuano Cia e Anabio, arriva dopo un lungo iter nelle aule parlamentari, sin dal 2013, fallito per motivi oscuri al termine della XVII legislatura, riproposto all’inizio della XVIII legislatura nella sua sostanziale impostazione e approvato dalla Camera dei Deputati a dicembre 2018. Ora che l’Italia riapre, facendo i conti con le pesanti ripercussioni della pandemia sull’economia del Paese, una legge nazionale di sistema specifica per il biologico, settore non salvo dalle gravi perdite per il Covid, può rappresentare un’opportunità cruciale per esplorare e capitalizzare tutte le potenzialità produttive del comparto, quanto a difesa dell’ambiente e legame con i territori di produzione, salubrità e tutela dei diritti sociali. Il disegno, infatti, contiene misure importanti per favorire l’ulteriore crescita di un settore che conta 2 milioni di ettari coltivati, impegna 80.000 operatori e vale 3,5 miliardi di euro. Nello specifico, faranno bene allo sviluppo del bio, sotto il profilo economico e ambientale, i biodistretti e tutti gli strumenti di aggregazione, in primis OI e OP, oltre all’istituzione di un marchio biologico italiano.
Infine, precisano Cia e Anabio, avere una legge nazionale sul bio, vuol dire poter contare concretamente su un pilastro fondamentale per la costruzione del suo futuro agricolo come indicato dal Green Deal Ue che vede proprio nel biologico uno dei driver principali per la transizione del sistema agroalimentare verso la sostenibilità. 

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1 In Evidenza - 21 mag 2021

Giornata Api: Cia, senza di loro a rischio 70% produzione agricola mondiale

Sono scomparsi più di 10 milioni di alveari nel mondo solo negli ultimi cinque anni. Colpa dei cambiamenti climatici, che mettono a rischio la sopravvivenza delle api, tra aumento delle temperature e diffusione di nuovi parassiti, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. Così Cia-Agricoltori Italiani che, nella Giornata Mondiale delle Api, rilancia l’allarme sullo stato di salute di questi insostituibili impollinatori, da cui dipende il 70% della produzione agricola mondiale, e quindi del cibo che arriva a tavola, e aggiunge: “Diventa sempre più fondamentale, dunque, promuovere misure che favoriscano e tutelino lo sviluppo dell’apicoltura”.

            Tra le conseguenze peggiori del climate change c’è proprio la diminuzione drastica del numero di api. Il rialzo delle temperature del pianeta, infatti, costringe le api a cambiare habitat e spostarsi continuamente alla ricerca di areali più freschi. Mentre lo stravolgimento delle stagioni, con primavere anticipate e freddo fuori periodo, ha effetti negativi sulla loro capacità produttiva e riproduttiva. In più, il riscaldamento globale facilita la proliferazione dei cosiddetti “parassiti dell’alveare”.

            Ma se non si interviene subito e in maniera integrata, presto le varietà di miele, così come di ortaggi e frutta, saranno sempre più scarsi, o non disponibili, o con prezzi più alti, considerato che dal servizio di impollinazione di questi insetti provengono 90 delle 115 principali coltivazioni mondiali. Ecco perché -evidenzia Cia- ancora di più oggi, all’apicoltura deve essere riconosciuta la funzione fondamentale di base del sistema agricolo.

            Una funzione insostituibile, in primis in Italia, dove oltre 68.000 apicoltori curano ogni giorno 1,6 milioni di alveari sparsi nelle campagne nazionali, salvaguardando la biodiversità e mantenendo le tante varietà di mieli locali, nonostante i cali di produzione dovuti appunto alle avversità atmosferiche.

            Proprio oggi al Mipaaf c’è il Tavolo miele -ricorda Cia- dove chiediamo maggiore sostegno al mercato del miele nazionale, attraverso campagne di promozione e di comunicazione, e un efficace piano di controllo sui mieli importati (spesso adulterati). Più in generale, vogliamo che le istituzioni tutelino l’apicoltura, introducendo adeguate misure di sostegno assicurativo contro le calamità naturali; intervenendo sul sistema fiscale con un’aliquota Iva agricola anche per servizi di impollinazione, pappa reale e polline; valorizzando il comparto attraverso misure specifiche nella futura Pac.

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1 In Evidenza - 20 mag 2021

Covid 19: linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 28 aprile, ha approvato le "Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali" (elaborate con il supporto degli uffici di prevenzione dei Dipartimenti di Sanità pubblica delle Regioni e delle Province autonome).

Il testo in allegato.

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1 In Evidenza - 20 mag 2021

Vendita diretta: Cia, botteghe agricole traino del post-Covid. Sono garanzia per 70% famiglie

L’Italia riapre e inizia a svelare con più chiarezza quelli che saranno i nuovi stili di vita degli italiani a più di un anno da inizio pandemia. In fatto di modalità di acquisto, per esempio, non intendono rinunciare al negozio di vicinato, soprattutto se alimentare con materie prime fresche e di stagione. Questo il trend confermato nel Paese dal 70% delle famiglie e potenziale ancoraggio per far ripartire anche tutta l’economia delle piccole attività commerciali. A dirlo è la Spesa in Campagna, Associazione per la vendita diretta di Cia-Agricoltori Italiani, in occasione del webinar “La bottega di la Spesa in Campagna. Punto d'incontro tra agricoltore e cittadino-consumatore”.

Secondo l’Associazione Cia, infatti, da marzo 2020 a oggi, lockdown e restrizioni, hanno aperto un nuovo varco nel rapporto tra agricoltori e cittadini che hanno scelto le botteghe agricole di prossimità come punti di riferimento, “unici” per vicinanza, ma anche ideali per sicurezza, cioè minor rischio assembramenti e contagio, e qualità delle materie prime, tornate una priorità nella cura fisica. Contemporaneamente, sottolinea la Spesa in Campagna-Cia, sono aumentate sia le aziende agricole interessate a entrare nel circuito della vendita diretta (+5%), che le richieste da parte dei consumatori che, nello specifico, hanno fatto incrementare del 40% il fatturato annuo delle botteghe. Rimaste sempre aperte, hanno assicurato approvvigionamento in città come nelle periferie e hanno contributo al boom della consegna a domicilio, essenziale per il 60% degli italiani.

Inoltre, come raccontano le aziende delle botteghe Cia, sono clienti affezionati, sempre più giovani (+10%) e anche studenti (+5%) con percentuale di donne e uomini pressoché identica. Con la riduzione dello smart working e il ritorno in ufficio, 2 lavoratori su 3 già avvertono che forse cucineranno meno, ma senza perdere l’abitudine di mangiare sano, magari piatti pronti al banco dell’agricoltore di fiducia. Per la Spesa in Campagna-Cia, infatti, l’Italia in emergenza per il Covid, ha rafforzato l’esigenza delle buone abitudini e nei quartieri come nelle comunità, agli agricoltori è stato riconosciuto un ruolo cardine, anche sociale e culturale. Le botteghe hanno così fatto da punto d’incontro destinato a diventare consuetudine, come accaduto con la Spesa in Campagna-Cia a Siena e Pescara.

In Toscana, la bottega di Siena è un unicum. Nata nel 2012, è passata da 17 a oltre 40 aziende sotto lo stesso tetto e ora aggregate in rete d’impresa. In 15 giorni dall’inizio del Covid, hanno messo a sistema la consegna a domicilio, supportando anche persone in quarantena. Oggi, nel rispetto di sicurezza e stagionalità degli alimenti, conferiscono prodotti locali anche alle mense scolastiche sul territorio. In Abruzzo a Pescara, la bottega la Spesa in Campagna-Cia, sta per traslocare in uno spazio di 150 mq e le aziende da 56 diventeranno il doppio. Faranno spazio, sollecitate dai clienti, a ristomercato, aule didattiche e libreria, confermando anche la sezione equo e solidale. La bottega in città è nata nel 2018 quando gli agricoltori Cia si sono accorti che i pullman turistici organizzati d’estate per fare visita alle aziende, erano per lo più frequentati da cittadini.

“Il mondo del retail è in evoluzione, la Gdo sta studiando nuove soluzioni e ci si muove secondo la logica della prossimità. Con la Spesa in Campagna-Cia -ha commentato il presidente Matteo Antonelli- lavoriamo perché le aziende agricole di piccole e medie dimensioni possano, in questo contesto, trovare il loro meritato spazio. La bottega è in questo senso strategica, si completa con i mercati contadini e cresce con l’e-commerce su cui Cia sta puntando con la sua piattaforma dalcampoallatavola.it".

“Nella fase attuale di vera ripresa per il Paese -è intervenuta Claudia Merlino, direttore generale di Cia-Agricoltori Italiani- è necessario aiutare aziende e cittadini a consolidare e far crescere quanto costruito con tanta fatica in questo lungo anno. Il valore dell’agroalimentare Made in Italy, forte anche di un rapporto autentico tra agricoltori e consumatori, si è affermato grazie anche alle botteghe la Spesa in Campagna-Cia e va capitalizzato. Fanno da collante nelle comunità e possono creare terreno per la ripartenza di tante attività commerciali ora a saracinesche abbassate”.

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1 In Evidenza - 19 mag 2021

Ortofrutta: Cia, Italia al 19° posto per logistica. Recuperare gap con risorse PNRR

Con un quarto della produzione agricola nazionale per un valore di 15 miliardi di euro, l’ortofrutta si conferma un comparto cruciale del Made in Italy. Eppure le potenzialità di sviluppo e rilancio sui mercati interni ed esteri sono enormi, perché da un lato l’ortofrutta sconta ancora un gap infrastrutturale con criticità nella logistica e nelle fasi di stoccaggio e distribuzione, e dall’altro soffre una crescente pressione competitiva globale con un progressivo peggioramento nel rapporto concorrenziale con altri Paesi produttori. Due questioni da capovolgere con strategie di sistema per sfruttare al meglio anche il cambiamento impresso dal Covid alle abitudini di consumo, con la metà delle famiglie che acquista frutta e ortaggi perché necessari a una dieta varia ed equilibrata (27%) e perché salutari (23%). Controllando sempre la stagionalità (63%), evitando gli sprechi (59%) e preferendo i prodotti freschi ai confezionati e surgelati (59%) dall’inizio della pandemia. È quanto emerge dall’ultimo webinar “Il valore nell’ortofrutta, dalla filiera al sistema” organizzato da Cia-Agricoltori Italiani per sostenere l’Anno Internazionale della Frutta e della Verdura 2021 promosso dalla FAO.

         Per ridare slancio al comparto, prima di tutto occorre agire sulle infrastrutture. Secondo i dati dell’Osservatorio Focus Ortofrutta di Nomisma presentati al webinar, infatti, il Logistic Performance Index della World Bank assegna all’Italia solo il 19° posto, contro il primo della Germania e il nono del Regno Unito. Basti pensare al costo per chilometro dell’autotrasporto, su cui viaggia il 90% dell’ortofrutta, pari a 0,43 euro in Italia, quasi il doppio rispetto ai competitor tedeschi (0,30 euro) e spagnoli (0,28 euro). “Il cambiamento di cui parliamo non può che passare da qui. L’Italia ha un grande divario infrastrutturale -ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino- che, attraverso gli 800 milioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedicati allo sviluppo della logistica nel settore agroalimentare, dovremo affrontare e superare: riduzione della spesa e dell’impatto ambientale del sistema dei trasporti, digitalizzazione dei servizi, miglioramento delle capacità di stoccaggio, dell’accessibilità ai servizi hub e della capacità logistica dei mercati all’ingrosso”. Tutto nell’ottica di rinnovare la catena di distribuzione e ampliare le tradizionali relazioni di filiera, per costruire un vero e proprio “patto di sistema”, con l’obiettivo di arrivare a una più giusta ripartizione del valore (oggi su 100 euro spesi dal consumatore, solo 6/8 euro restano in tasca all’agricoltore), ma anche di raggiungere maggiori standard di sostenibilità, eliminare le inefficienze, promuovere investimenti e innovazioni in scala, sviluppare progetti di promozione unitaria.

         Altrettanto fondamentale è riguadagnare competitività sul fronte export. Sebbene nel pieno della pandemia le esportazioni di ortofrutta fresca dall’Italia siano cresciute più della media del quinquennio precedente (+3,8% nel 2020 sul 2019 contro il +2,5% medio annuo tra il 2014 e il 2019), come dimostrano i dati dell’Osservatorio Nomisma per Cia, il posizionamento dell’Italia a livello globale sta perdendo quota. Nei Top 10 Exporter di ortofrutta fresca nel mondo, il Belpaese è nono in classifica, con 5 miliardi di fatturato sui mercati stranieri e una crescita del 32% in dieci anni. Nello stesso lasso di tempo, Paesi esportatori come Usa, Spagna e Cina hanno raggiunto un giro d’affari annuo tra i 14 e i 17 miliardi nel 2020, con un incremento del +100% rispetto al 2010. Competitor che corrono più veloci, quindi, in particolare “l’avversario” storico di Madrid. In un decennio, infatti, la differenza nell’export ortofrutticolo tra Italia e Spagna è triplicata a +228%. Colpa anche della burocrazia, con il “time to export” dell’Italia che è il doppio di quello spagnolo (19 giorni contro 10) e quasi il triplo di quello olandese e Usa (rispettivamente 7 e 6 giorni).

         “Il settore ortofrutticolo nazionale si trova quindi in uno scenario complicato dove, accanto alle pressioni competitive di mercato, i produttori soffrono sempre più spesso gli effetti devastanti delle avversità climatiche -ha evidenziato Scanavino-. Per quanto importante, però, il mercato interno non è in grado di garantire da solo una tenuta della produzione ortofrutticola, anche perché è sempre più esposto alla concorrenza estera”. Per questo, ha continuato il presidente Cia, “considerando anche le sfide a cui è chiamato il settore, come il Green Deal, non sono più rinviabili gli interventi necessari a recuperare i gap di competitività con i competitor, né quelli finalizzati a rendere più efficiente la filiera a livello nazionale. Interventi che riguardano sia il Sistema Paese che le singole imprese, sfruttando tutte le opportunità offerte dal Recovery Plan, dalla Pac (innovazione digitale, nuove tecnologie, gestione del rischio) e anche da nuove relazioni commerciali nell’area del Mediterraneo, in particolare con i Paesi del Nord Africa”. E in questo quadro, ha concluso Scanavino, “il patto di sistema tra tutti gli operatori della filiera è condizione indispensabile per la vera ripresa post Covid e l’acquisizione della necessaria resilienza per affrontare le sfide future”.   

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1 In Evidenza - 15 mag 2021

Cia e Pegaso insieme per la formazione dei nuovi protagonisti dell’agricoltura 4.0

 Una Academy online dedicata alla formazione di nuove figure professionali nel settore agroalimentare. E’ questo l’obiettivo dell’accordo tra l’Università Telematica Pegaso e Cia-Agricoltori Italiani, siglato nella sede nazionale dell’Universitas Mercatorum.

La partnership prevede la pianificazione di attività di alta formazione e di aggiornamento specialistico, finalizzate alla creazione di figure professionali ad hoc, tali da agevolare l’accesso diretto al mondo del lavoro agricolo. Il 2020 ha avvicinato molti giovani all’impresa rurale e grazie a questo accordo Cia vuole incrementare la tendenza in atto, promuovendo la tutela del lavoro agricolo quale elemento primario per il sostentamento ed il benessere generale, nonché elemento idoneo a migliorare la competitività sui mercati delle aziende agricole, attraverso la riqualificazione, la formazione e il coinvolgimento partecipato degli operatori del settore.

Attraverso la regia di un Comitato tecnico scientifico che individuerà i nuovi fabbisogni formativi e organizzativi degli imprenditori agricoli, l’Academy fornirà percorsi didattici aventi valore legale, spendibili in termini di riconoscimento di Crediti Formatici Universitari (CFU) e come aggiornamento professionale.

Saranno, inoltre, attivati stage e tirocini grazie a convenzioni con aziende, istituzioni, enti pubblici e privati operanti nel settore primario, finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro, nonché all’acquisizione di esperienze pratiche certificate per arricchire il proprio curriculum personale.

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