News in evidenza

1 In Evidenza - 13 giu 2025

Estate 2025: agriturismi in Abruzzo, segnali contrastanti ma fiducia per la stagione estiva

In Abruzzo sono attualmente 568 gli agriturismi attivi, pari al 2,2% del totale nazionale. Un numero che colloca la regione al 16° posto in Italia (a pari merito con la Calabria), secondo gli ultimi dati ISTAT elaborati da Cresa – Centro Studi della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia.

Il quadro complessivo mostra segnali misti: da un lato una lieve crescita nel medio periodo (+2,3% dal 2019), dall’altro una flessione più marcata nel lungo periodo, con un calo di 68 strutture dal 2010 al 2023 (−10,7%), in controtendenza rispetto al +30,8% nazionale. Tra il 2022 e il 2023 si è registrato un saldo negativo di −18 attività (−3,1%).

Il settore agrituristico continua a rappresentare una risorsa strategica per il nostro territorio”, commenta Nicola Sichetti, presidente CIA Abruzzo. “Nonostante le difficoltà, il comparto conserva una forte capacità attrattiva, ma servono politiche mirate, accesso ai fondi europei e investimenti per innovare l’offerta e rispondere alla domanda contemporanea di turismo rurale, esperienziale e sostenibile. Il futuro del turismo rurale abruzzese passa dalle nuove generazioni”, continua Sichetti, “Se vogliamo davvero rilanciare il settore agrituristico, dobbiamo puntare su giovani imprenditori, innovazione e filiere corte legate al territorio”.

In Abruzzo il settore agrituristico si conferma una realtà dinamica, con caratteristiche distintive che lo rendono un modello interessante anche nel confronto con il resto del Paese. Una delle peculiarità più significative è la forte presenza femminile nella gestione delle strutture: il 46,6% degli agriturismi è infatti guidato da donne, una quota nettamente superiore rispetto alla media nazionale del 34,2%. Un dato che racconta di un imprenditorialità agricola al femminile sempre più solida e presente sul territorio.

Anche in termini di diffusione, la regione mostra una buona vitalità: la densità agrituristica per popolazione, pari a 4,5 strutture ogni 10.000 abitanti, risulta leggermente superiore a quella italiana. Le aziende si distribuiscono prevalentemente in collina (65%) e in montagna (35%), confermando la vocazione rurale dell’Abruzzo e la stretta relazione tra offerta turistica e paesaggio naturale.

Dal punto di vista dei servizi, l’82,9% degli agriturismi abruzzesi offre alloggio, il 70,4% ristorazione e oltre la metà (51,9%) propone attività complementari come sport, equitazione e fattorie didattiche. Anche qui la regione si colloca sopra le medie nazionali, evidenziando un’attenzione crescente verso la multifunzionalità e il turismo esperienziale.

Tuttavia, i dati del 2023 delineano anche alcune criticità. Lo scorso anno gli agriturismi abruzzesi hanno accolto 25.060 turisti, per un totale di 78.049 pernottamenti. Il soggiorno medio è salito da 2,9 a 3,1 notti, ma resta inferiore alla media italiana di 3,7 giorni. Ancora più preoccupante è la flessione rispetto al 2022: −11% di arrivi e −3% di presenze, mentre a livello nazionale si è registrata una crescita dell’11% e del 7% rispettivamente.

Il turismo internazionale continua a rappresentare una quota ridotta del mercato agrituristico abruzzese: solo il 19% degli arrivi e il 24% delle presenze proviene dall’estero, contro valori nazionali più che doppi (51% e 60%). Eppure, nel confronto con il 2019, si osservano segnali incoraggianti, con un aumento del 36% degli arrivi e del 23% delle presenze straniere.

“Nelle aree interne e montane l’agriturismo è molto più che turismo: è presidio sociale e presidio ambientale”, sottolinea Roberto Battaglia, presidente CIA L’Aquila-Teramo. “In territori come i nostri, spesso marginalizzati dai grandi flussi turistici, le aziende agrituristiche rappresentano una delle poche possibilità concrete di sviluppo locale. Non parliamo solo di ospitalità, ma di agricoltura viva, tutela del paesaggio, filiera corta, educazione ambientale”.

“Il turismo rurale è una grande risorsa per l’Abruzzo”, dichiara Domenico Bomba, presidente di CIA Chieti-Pescara “Gli agriturismi offrono esperienze autentiche e sostenibili, ma serve più attenzione da parte delle istituzioni: investimenti mirati, formazione e sostegno all’innovazione possono fare la differenza per rilanciare davvero il comparto”.

In Abruzzo le strutture restano mediamente più piccole (13 posti letto contro i 14 italiani; 35 posti a sedere contro 41) e meno diversificate nei servizi: meno del 20% propone degustazioni enogastronomiche, a fronte di una media nazionale del 25%.

“Dobbiamo puntare con decisione sull’innovazione dell’offerta”, afferma Domenica Trovarelli, presidente Turismo Verde Abruzzo. “Occorre rafforzare la multifunzionalità, allungare la durata media dei soggiorni, attrarre più turismo straniero. Gli agriturismi non sono solo strutture ricettive: sono veri e propri presìdi di territorio, strumenti fondamentali per contrastare lo spopolamento delle aree interne, valorizzare le produzioni tipiche e mantenere viva la cultura contadina. Investire su di loro”, conclude, “significa investire sul futuro dell’Abruzzo”.

Visualizza Allegato

1 In Evidenza - 07 giu 2025

CIA Chieti-Pescara: “Trattori vecchi, costi alti e incentivi complicati: così si frena l’innovazione”

Trattori con oltre 20 anni, incentivi poco accessibili e costi in crescita: ecco cosa frena oggi
l’innovazione nelle campagne di Chieti e Pescara. È quanto emerge dal sondaggio “Acquistare
un trattore oggi: scelte, ostacoli e prospettive” realizzato da CIA Agricoltori Italiani Chieti-
Pescara, che ha raccolto opinioni, esperienze e aspettative di numerose aziende agricole locali.
“Il nostro territorio ha grande voglia di rinnovarsi”, commenta Domenico Bomba, Presidente di
CIA Chieti-Pescara, “Gli imprenditori agricoli non si tirano indietro, ma chiedono condizioni più
favorevoli per affrontare investimenti importanti come l’acquisto di un trattore”.
Secondo l’indagine, la maggior parte delle aziende agricole locali utilizza mezzi datati, spesso
impiegati ogni giorno e tutto l’anno. L’acquisto di un nuovo trattore avviene solo quando quello
in uso è ormai inutilizzabile. La sicurezza, purtroppo, non è ancora un fattore prioritario.
Eppure, l’apertura verso l’innovazione c’è: molti agricoltori sarebbero interessati a modelli
“smart”, più tecnologici e sostenibili, ma a condizione che siano accessibili grazie a incentivi
chiari e concreti.

Un dato significativo riguarda la scarsa diffusione delle agevolazioni: la maggior parte degli
agricoltori non ha mai usufruito di incentivi, e oltre il 70% afferma di non avere informazioni
sufficienti su come accedervi.

“Le imprese agricole sono interessate agli strumenti di sostegno, ma spesso si trovano di
fronte a procedure complesse o requisiti troppo rigidi”, spiega Bomba, “Semplificando
l’accesso, avremmo una risposta immediata e positiva”.

Molti agricoltori ricorrono a finanziamenti a rate o leasing agevolati, ma il costo resta un
ostacolo enorme: per un modello base, oggi servono anche 55.000 euro. Per questo cresce
l’interesse verso l’usato, nonostante oltre il 70% delle macchine di seconda mano superi i 15
anni di età.
Il calo della meccanizzazione è un fenomeno nazionale: nel 2024, il mercato dei trattori in Italia
ha toccato il minimo storico dal 1952, con 15.448 immatricolazioni e una flessione del 12,3%
rispetto al 2023. In controtendenza, il mercato dell’usato è cresciuto dell’8%, ma senza
contribuire realmente al rinnovamento del parco mezzi.

Tuttavia, circa il 70% di queste macchine ha più di 15 anni, segnalando un parco mezzi obsoleto
e meno efficiente, che rischia di frenare la competitività e la sostenibilità del settore agricolo.
Il territorio di Chieti-Pescara non è esente da queste dinamiche: alcune imprese agricole hanno
cessato l’attività nel 2024, ma quelle che restano sono sempre più attente alle scelte
economiche e all’efficienza delle macchine.

“Questo sondaggio ci dice una cosa chiara”, conclude Bomba, “gli agricoltori non sono
fermi. Hanno le idee chiare, vogliono innovare, ma serve un contesto più favorevole. Il
rinnovamento della meccanizzazione può rappresentare un’opportunità concreta, se
supportato con strumenti chiari e alla portata delle imprese.”

Visualizza Allegato

1 In Evidenza - 03 giu 2025

Il Servizio Civile Agricolo è realtà. C’è il Decreto, Cia in alto nella graduatoria

Pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ora manca solo la comunicazione delle tempistiche per candidature e selezione dei volontari

Il mondo agricolo ha il suo il Servizio Civile Universale ad hoc. Finalmente è stato pubblicato il Decreto (n. 569/2025) con le graduatorie di valutazione dei progetti dedicati, che sanciscono ufficialmente il varo di questa nuova opportunità, annunciata da tempo ma solo ora pronta a concretizzarsi. Cia-Agricoltori Italiani, insieme al suo patronato Inac, ente accreditato al Servizio Civile, è in alto nella graduatoria di selezione con due progetti, che potranno coinvolgere 57 ragazzi in tutt’Italia, di un’età compresa tra i 18 e i 28 anni.

Adesso manca solo la comunicazione delle tempistiche per le candidature dei volontari e, poi, si potrà procedere con le selezioni per requisiti.

Chiaramente, si attende con ansia l’ultimo centimetro dell’iter previsto, per consentire a tanti giovani di avvicinarsi e scoprire un settore pieno di potenzialità, sempre alla ricerca di nuove competenze, anche all’interno del mondo dei servizi e dell’assistenza verso le aziende agricole. I progetti avranno la durata di un anno e i volontari percepiranno un compenso forfettario di 519,47 euro al mese.

Visualizza Allegato

1 In Evidenza - 29 mag 2025

Pesche e nettarine 2025: l’Abruzzo si distingue per qualità e volumi in crescita

La campagna 2025 delle pesche e nettarine si apre con segnali particolarmente positivi dall’Abruzzo, dove si registra un aumento della produzione rispetto allo scorso anno e si registra una maggiore capacità di selezionare il prodotto già in campo, prima dell’immissione sul mercato. Questo consente una gestione più efficiente dell’offerta e garantisce standard qualitativi elevati, in grado di soddisfare sia il mercato interno che quello internazionale.

Le principali aree vocate alla frutticoltura, come la valle del Trigno, stanno confermando l’ottima performance dell’annata: circa il 50% del prodotto viene esportato, con un forte interesse da parte di mercati come Svizzera, Austria e Germania. L’altra metà della produzione viene distribuita con successo sul mercato italiano, segno della solidità della filiera abruzzese e della qualità riconosciuta del prodotto regionale.

“Il comparto ortofrutticolo rappresenta un pilastro per l’agricoltura abruzzese, non solo in termini economici ma anche per l’occupazione e la valorizzazione del territorio”, dichiara Domenico Bomba, presidente CIA Chieti-Pescara, “Quest’anno possiamo contare su una produzione abbondante e di qualità, che dimostra la capacità dei nostri produttori di affrontare le sfide climatiche e di mercato, mantenendo alto il livello dell’offerta. Serve ora un sostegno deciso per rafforzare l’export e la competitività delle nostre imprese.”

A livello nazionale, la stagione 2025 si preannuncia in linea con quella dello scorso anno, con una lieve flessione dei volumi nel Centro-Nord compensata dalla ripresa produttiva nel Sud. La produttività è attesa buona lungo tutto il calendario di raccolta, e finora non sono state segnalate criticità significative.

Grazie all’andamento climatico favorevole, l’offerta di quest’anno presenta un calibro mediamente superiore, un elemento che valorizza ulteriormente la qualità complessiva del prodotto. Le epoche di raccolta si mantengono regolari: in linea con il 2024 al Sud e con un lieve ritardo al Nord, a seconda delle zone. L’Abruzzo si conferma così protagonista di una stagione che, nel complesso, mostra segnali incoraggianti per tutto il comparto nazionale delle drupacee. L’ortofrutta resta uno dei settori chiave del Made in Italy agricolo, su cui continuare a investire in termini di innovazione, aggregazione e promozione internazionale.

Visualizza Allegato

2 In Evidenza - 23 mag 2025

L’Abruzzo al quarto posto per agricoltura sostenibile e ridotte emissioni di gas serra

L’Abruzzo si distingue a livello nazionale per le sue eccellenti performance in ambito di agricoltura sostenibile e gestione delle emissioni. A confermarlo sono i dati diffusi dalla piattaforma Ciro (Climate Indicators for Italian Regions), realizzata da Italy for Climate in collaborazione con ISPRA, che analizza in modo sistematico le performance climatiche delle regioni italiane.

Nel comparto agricolo, la nostra regione mostra risultati di assoluta eccellenza: con un utilizzo medio di fertilizzanti pari a soli 47 kg/ettaro, l’Abruzzo consuma meno della metà rispetto alla media nazionale, che supera i 100 kg/ha. Questo dato si affianca a un’elevata capacità di assorbimento naturale della CO₂, grazie al patrimonio forestale regionale, contribuendo in modo significativo alla riduzione delle emissioni climalteranti.

Inoltre, è in crescita anche la quota di agricoltura biologica, aumentata di 2,5 punti percentuali in un solo anno, e la percentuale di energia da fonti rinnovabili, che copre il 23% dei consumi energetici regionali, superando la media nazionale del 19%.

“Questi risultati testimoniano l’impegno concreto degli agricoltori abruzzesi verso un modello produttivo più attento all’ambiente e alla qualità delle produzioni. Come CIA, siamo orgogliosi di rappresentare un territorio che sa guardare al futuro dell’agricoltura con responsabilità e innovazione”, dichiara il Presidente provinciale Domenico Bomba.


Il report evidenzia tuttavia anche aree critiche su cui intervenire: in particolare, la rete idrica regionale continua a registrare elevate perdite, rimanendo tra le peggiori in Italia. Nonostante ciò, il basso consumo di suolo (pari al 5% della superficie regionale) e la ridotta esposizione agli eventi estremi rappresentano ulteriori punti di forza dell’Abruzzo in ambito ambientale.

Visualizza Allegato

1 In Evidenza - 21 mag 2025

Gaza: Cia, intollerabile affamare un popolo. Ora fermare Netanyahu

Subito dopo il 7 ottobre 2023, il mondo intero si è stretto al popolo israeliano, vittima di un vile attacco da parte della formazione terroristica Hamas. Era prevedibile e anche comprensibile una forte reazione di Israele per liberare gli ostaggi catturati e per difendere i propri cittadini da futuri attacchi. Ma, dopo quasi due anni, ci troviamo nella condizione in cui diventa impossibile distinguere tra la sacrosanta necessità di difesa di Israele e le palesi violazioni del diritto internazionale e dei basilari diritti umani perpetrati dal governo di Benjamin Netanyahu sulla popolazione civile di Gaza. È inaccettabile affamare un popolo, questo scempio va fermato subito. Così Cia-Agricoltori Italiani, in merito al conflitto in atto.

Sia come cittadini che come organizzazione di agricoltori, profondamente impegnati nella tutela del diritto al cibo, non possiamo rimanere in silenzio di fronte alla fame deliberata che oggi colpisce la popolazione civile della Striscia di Gaza -sottolinea Cia-. Milioni di persone, in gran parte bambini, donne e anziani, stanno affrontando una crisi alimentare senza precedenti. Il blocco quasi totale degli approvvigionamenti, il bombardamento delle infrastrutture agricole e la distruzione sistematica di campi, serre, mercati e impianti idrici hanno reso impossibile qualsiasi forma di autosufficienza o di accesso regolare al cibo.

           
Secondo le principali agenzie umanitarie, oggi a Gaza si sta sfiorando il livello più estremo dell’insicurezza alimentare acuta, con il rischio concreto di carestia. Questa non è una conseguenza inevitabile della guerra, ma il risultato diretto di scelte politiche e militari scellerate da parte di Netanyahu, che stanno trasformando il cibo -un diritto fondamentale e inalienabile- in un’arma di pressione e punizione collettiva.

           
Come Cia, condanniamo fermamente ogni guerra e, in particolare, l’uso della fame come strumento di guerra. Il diritto al cibo è sancito dal diritto internazionale e deve essere rispettato in ogni circostanza, anche nei conflitti.

Visualizza Allegato
News Cia Abruzzo

1 In Evidenza - 27 mar 2025

Sicurezza in Agricoltura: un percorso di consapevolezza e prevenzione. Secondo appuntamento organizzato da Cia Abruzzo

Si è tenuto ieri, presso la Cantina Tollo, il secondo appuntamento di "Agricoltura Sicura", una giornata di sensibilizzazione e prevenzione organizzata da CIA Agricoltori Italiani Abruzzo e ASL2 Lanciano Vasto Chieti. L’incontro ha visto la partecipazione di esperti e rappresentanti del settore per affrontare il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro agricoli e presentare dati significativi sugli infortuni nel comparto.

L'evento si è aperto con i saluti istituzionali di Gianluca Orsini, Presidente della Cantina Tollo, del Presidente Cia Chieti-Pescara, Domenico Bomba, seguiti dall'intervento di Alcide Massaro, Responsabile del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) della ASL2. Massaro ha evidenziato come "non sia solo il settore agricolo a presentare problemi di infortuni, ma tutti i settori produttivi. Tuttavia, nell'agricoltura, l’utilizzo improprio delle macchine agricole rappresenta la principale causa di incidenti mortali". Ha sottolineato inoltre che "la prevenzione, da sola, non è sufficiente: è fondamentale acquisire una reale consapevolezza dei rischi da parte di tutti gli operatori del settore".

Il convegno è proseguito con gli interventi tecnici di Gianni Calignano e Angelo Monte, esperti in sicurezza sul lavoro della SPSAL ASL2. I due tecnici hanno ribadito l’importanza dell’adozione di buone pratiche di sicurezza nell’utilizzo dei macchinari agricoli e della necessità di una formazione continua per gli operatori del settore. 


Calignano ha sottolineato l’importanza di adottare misure di prevenzione adeguate, come l’uso di dispositivi di protezione individuale e collettiva, nonché il rispetto delle normative sulla manutenzione periodica dei macchinari. 

Angelo Monte ha invece approfondito il tema della formazione obbligatoria per gli operatori del settore agricolo, evidenziando come la mancanza di conoscenza dei rischi e l’uso improprio delle attrezzature siano tra le principali cause di infortuni. Ha inoltre illustrato alcuni casi concreti di incidenti avvenuti negli ultimi anni, sottolineando come una maggiore attenzione e il rispetto delle procedure avrebbero potuto evitarli. 

Sono stati presentati dati significativi sugli infortuni in agricoltura nella regione Abruzzo. Secondo le statistiche, il numero complessivo di denunce di infortuni è passato dalle 1.491 del 2017 alle 1.019 del 2021, con una riduzione progressiva. Tuttavia, il numero di infortuni mortali resta una questione critica: nel 2021 si sono registrati 4 decessi, con un andamento altalenante negli anni precedenti (3 nel 2017, 7 nel 2018, 4 nel 2019, 2 nel 2020).

La maggior parte di questi incidenti è dovuta alla perdita di controllo di una macchina agricola, in particolare al ribaltamento del trattore. Un dato rilevante è che la provincia di Chieti registra un numero più alto di incidenti rispetto alle altre province abruzzesi, dato che si spiega con la maggiore presenza di aziende agricole sul territorio.

L’evento si è concluso con un dibattito finale, durante il quale i partecipanti hanno avuto l'opportunità di confrontarsi con gli esperti, condividere esperienze e porre domande su problematiche specifiche legate alla sicurezza sul lavoro.

A moderare l’incontro è stato Alfonso Ottaviano, Direttore CIA Chieti-Pescara, che ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra enti pubblici e privati per garantire un miglioramento costante delle condizioni di sicurezza nelle aziende agricole.

L’iniziativa "Agricoltura Sicura" si conferma dunque un’occasione fondamentale per sensibilizzare gli agricoltori e gli operatori del settore sull’importanza della prevenzione e della formazione che verrà organizzata anche in altre località della regione, con l’obiettivo di diffondere ulteriormente la cultura della sicurezza nel settore agricolo.

Visualizza Allegato





2 In Evidenza - 25 mar 2025

L'Istituto Agrario di Scerni protagonista al Villaggio Agricolo "Agricoltura È" a Roma, ospite nello spazio CIA

L'Istituto Agrario di Scerni presente alla manifestazione "Agricoltura È" al Villaggio Masaf di Roma, un evento speciale che celebra il 68° anniversario dei Trattati di Roma e mette al centro il futuro dell'agricoltura italiana.

“Grazie all'ospitalità di CIA - Agricoltori Italiani, la nostra scuola ha l'opportunità di immergersi in un'esperienza unica di innovazione e formazione”, ha dichiarato la Dirigente Scolastica, Antonietta Ciffolilli.

Nel cuore di Piazza della Repubblica, lo spazio CIA si trasforma in una vera e propria azienda agricola in miniatura, con un campo arato e semi di mais nei solchi, piantagioni di fragole e ortaggi, un prato e un ecosistema popolato da insetti e calamità naturali. Il tutto arricchito da strumenti tecnologici all'avanguardia: una stazione meteo, sensori IoT per ottimizzare difesa, irrigazione e fertilizzazione, foto-trappole per il monitoraggio delle malattie e app per la raccolta meccanizzata.

La Dirigente Scolastica dell’Istituto Agrario, insieme a una delegazione di docenti, ha partecipato attivamente alle iniziative proposte nel Villaggio Agricolo, vivendo in prima persona un percorso didattico innovativo "dal seme alla raccolta" all'interno dell'AgriSmartLab, sviluppato in collaborazione con xFarm Technologies. “Un'opportunità unica per gli studenti, che possono sperimentare direttamente l’agricoltura 4.0 e approfondire l'uso delle nuove tecnologie nel settore”, continua la Dirigente, “L'evento, inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del Ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha visto momenti di grande rilievo per il nostro Istituto. Durante la mattinata, il Ministro Lollobrigida ha visitato lo stand CIA, soffermandosi con interesse sulle nostre attività laboratoriali, in particolare sui droni utilizzati in agricoltura per il monitoraggio e la gestione delle colture”.

Un riconoscimento importante per l'Istituto Omnicomprensivo Cosimo Ridolfi, che grazie a questa partecipazione ha avviato i primi contatti per progettare le iniziative legate ai 150 anni dalla fondazione del nostro Istituto Agrario. Un'opportunità di crescita e confronto con le nuove generazioni di imprenditori agricoli, valorizzando il ruolo dei giovani nell’innovazione del settore. 

“Un sentito ringraziamento a CIA - Confederazione Agricoltori Italiani per averci accolti e resi partecipi di questa straordinaria esperienza, che conferma il nostro impegno nella formazione e nell'innovazione in agricoltura”, conclude la Dirigente Ciffolilli.

Visualizza Allegato





1 In Evidenza - 20 mar 2025

Ue: Cia a premier Meloni, l’Italia bocci l’ipotesi di un Fondo unico per la Pac


Dire no all’ipotesi di un Fondo unico nazionale per il finanziamento delle politiche della Pac, che rischierebbe di comprometterne il funzionamento in una fase complicata come quella attuale. È l’impegno in Europa che il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, chiede in una lettera alla premier Giorgia Meloni, al ministro Francesco Lollobrigida e al vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto, alla vigilia del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo.

“In un’epoca di instabilità geopolitica, incertezza economica e crescenti sfide sociali, un settore agricolo forte e resiliente non è solo strategico, è indispensabile”, scrive Fini, ecco perché “siamo profondamente preoccupati per le recenti discussioni sulla riallocazione dei finanziamenti dell’Ue in un Fondo unico nell’ambito della Politica agricola comune”. Questo cambiamento, continua il presidente di Cia, “rappresenterebbe una modifica fondamentale della governance del prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP) con il rischio di minare il funzionamento della Pac”. Ma “indebolire la Politica agricola comune recherebbe conseguenze di vasta portata sulla produzione alimentare, sull’occupazione dei territori rurali e sulla stabilità generale del nostro settore agricolo”.

Di pari passo, aggiunge Fini nella lettera alla premier Meloni, “date le attuali tensioni geopolitiche e le pressioni inflazionistiche, esortiamo la Commissione a includere nel QFP un meccanismo automatico che consenta di adeguare in tempo reale le dotazioni finanziarie in base ai tassi di inflazione effettivamente osservati anziché a quelli previsti”.

Consapevoli della responsabilità e della sensibilità del governo sul settore, il presidente di Cia chiede, dunque, “di dare effettivamente priorità all’agricoltura come pilastro fondamentale del futuro dell’Europa”.

Visualizza Allegato





1 In Evidenza - 14 mar 2025

Dazi: Cia, salto nel buio per il vino italiano dopo le dichiarazioni di Trump


“Speriamo che questa di Trump sia solo una provocazione, una tassazione al 200% sui vini azzererebbe di fatto 
le vendite verso gli Stati Uniti, che sono il nostro primo mercato di sbocco italiano per il vino, con quasi 1,9 miliardi euro e un peso sulle esportazioni agroalimentari oltreoceano del 26%”. Questo il commento del presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, dopo le dichiarazioni rilasciate dal presidente Usa, Donald Trump. Cia ricorda che la percentuale di export di vini verso gli Usa ha segnato un incremento del +7% sull’anno precedente (+7%), con un’impennata per i vini spumanti (+19%). Si tratta di un’incidenza di quasi il 24% sull’export totale di vini tricolore.

A dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni).

Cia ricorda che il rischio di dazi lascerebbe strada libera ai competitor che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno. Dalla parte dei produttori di vino italiani, Cia ricorda anche come sia difficile recuperare rapporti solidi con i buyer Usa, una volta che questi siano costretti a interrompere le relazioni con l’Europa per cercare altri mercati internazionali.

Visualizza Allegato





1 In Evidenza - 14 mar 2025

Cia aderisce alla Piazza del 15 marzo. Per un’Europa di pace, diritti e cibo sicuro


Cia-Agricoltori Italiani aderisce alla manifestazione del 15 marzo a Roma, “Una piazza per l’Europa” e, già da oggi, ha riunito tutti i suoi delegati per la X Conferenza economica, fino a domani in Auditorium della Tecnica all’Eur, per ribadire, da forza sociale ed economica del Paese, il suo impegno europeista.

“Vogliamo che l’Europa faccia l’Europa e non disattenda i suoi principi fondativi di pace e stabilità -ha detto il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, davanti al ministro Francesco Lollobrigida-. Si risvegli, negli Stati membri, lo spirito del progetto comunitario per la coesione e la democrazia. L’Europa ragioni da superpotenza, riscriva i suoi processi decisionali e rafforzi la propria economia per creare valore e occupazione, salvaguardare libertà e diritti, anteponendo il cibo alle armi, lavorando per la sicurezza alimentare globale, fondamentale per il futuro”, ha aggiunto.

CIA PER L’EUROPA - Memori degli effetti devastanti di regimi e totalitarismi che spinsero la nascita dell’Ue garante, a oggi, del più lungo periodo di pace della storia, serve per Cia un rinnovato sforzo da parte di tutti i Paesi Ue, orientato a rafforzare il ruolo dell’Unione nei processi diplomatici. A tal riguardo, per Cia è prioritario intervenire sulle regole di funzionamento e sui meccanismi decisionali, attualizzando i Trattati europei, perché è cruciale superare il potere di veto da parte dei singoli Stati all’interno del Consiglio Ue. Inoltre, sotto il profilo della proposta legislativa serve che il Parlamento assuma un nuovo ruolo: la funzione esecutiva della Commissione Ue deve essere semplificata e velocizzata. Si rifletta sull’allargamento a nuove politiche comuni, come nel caso degli esteri e della difesa.

“È giunta l’ora della svolta e di posizioni nette -ha dichiarato Fini-. In primo luogo, rispetto alla guerra a un paio d’ore di volo da noi, lì dove è la Russia il Paese invasore e occupante a scapito dell’Ucraina che ha tutto il diritto di essere parte attiva nelle trattative di pace. Cia condanna, poi, sia l’azione terroristica di Hamas del 7 ottobre, sia la reazione spropositata di Israele nei confronti dei civili di Gaza. La risoluzione del conflitto è solo con due Stati: Israele e Palestina, entrambi riconosciuti dalle autorità internazionali e con pari diritti e doveri. L’Europa tuteli il multilateralismo, il ruolo delle Nazioni Unite e la Corte internazionale; gestisca unitariamente, con il contributo della cooperazione internazionale, le ripercussioni umanitarie delle guerre e affronti il dramma delle migrazioni con misure e progetti di integrazione condivisi tra Paesi”.

Quanto alle guerre commerciali, continua Fini: “L’Europa riconduca la follia dei dazi Usa sul piano della diplomazia e della negoziazione. Nel frattempo, a Bruxelles, si guardi con trasparenza all’economia dell’Eurozona -ha continuato-. Vanno rivisti i limiti strutturali e organizzativi dell’Unione, non basteranno politiche di riduzione dei deficit perché il Pil torni a risalire (crescita rallentata fino allo 0,1%, nel quarto trimestre 2024)”.

CIA PER LA SICUREZZA ALIMENTARE - L’Italia cresce sopra la media Ue, dello 0,7% nel 2024. Germania, Francia, compreso il Regno Unito, con circa 23 miliardi di euro, hanno rappresentato insieme solo che un terzo dell’export agroalimentare Made in Italy. “È Il nostro capitale per il futuro -ha detto il presidente di Cia-, è minacciato dalla instabilità Ue e a corto di finanze, visto anche il debito nazionale, ma risorsa, non replicabile, a vantaggio dell’Europa intera. Occorre una maggiore consapevolezza condivisa tra gli Stati membri, a riconoscimento del valore aggiunto di ciascun Paese e in questo caso, tra l’altro, nella sfida più ampia per la sicurezza alimentare globale, che deve posizionare l’agricoltura, e il suo reddito, obiettivo chiave e comune, da incentivare e non sanzionare”.

Il ruolo del cibo e, quindi, dell’agricoltura è sempre più determinante e per questo -secondo Cia- l’Europa deve davvero cambiare passo. Le politiche restrittive, portino finalmente a una Pac che sia, davvero, solo per chi vive di agricoltura, con attenzione alle aree interne e fragili d’Europa. Servono più risorse economiche, ma anche più strumenti adeguati ai loro bisogni che vanno dalla semplificazione e alla gestione del rischio, alla costruzione di una nuova transizione green a misura del comparto.

Per affrontare i cambiamenti climatici, come per restare competitivi sui mercati internazionali occorrono -per Cia- investimenti fondamentali alla sostenibilità agricola, nella sua valenza economica, ambientale e sociale. A riguardo, Cia ha chiesto e ottenuto un Piano di gestione e resilienza della risorsa idrica Ue che ora deve galoppare. E ancora, Cia insiste perché su innovazione e tecnologia genetica e digitale, e sul supporto della ricerca, della formazione e della divulgazione, convergano risorse importanti, badando bene a fare dell’agricoltura di precisione, come delle Tea o dell’Ai, strumenti accessibili a tutti, qualunque sia la dimensione dell’azienda.

IL PUNTO NAZIONALE - L’Italia, dal canto suo, deve tirare fuori una reale e costante volontà politica del fare. Per Cia, bisogna lavorare alla costruzione di un modello agricolo più forte, capace di garantire redditività agli agricoltori, di tutelare i consumatori e rispettare l’ambiente.

Va recuperata la lungimiranza del Piano strategico nazionale sull’agricoltura, così come inteso da Cia e soprattutto orientato a: redistribuzione del reddito lungo la filiera, con provvedimenti efficaci sia a livello europeo che nazionale; reale snellimento burocratico; rafforzamento della direttiva sulle pratiche sleali attraverso contratti di filiera che garantiscano ai prodotti la giusta remunerazione; rilancio delle aree interne con una massiccia opera di ammodernamento e riqualificazione delle infrastrutture e dei servizi, fondamentali per le attività economiche e per contrastare lo spopolamento. Azioni per dare gambe all’agricoltura familiare, all’imprenditoria femminile e, più di tutto, al ricambio generazionale nei campi. Senza dimenticare la legge non più rinviabile sul consumo di suolo e la gestione fauna selvatica.

“Sebbene il nostro Paese abbia registrato nel 2024 un valore aggiunto agricolo oltre la media Ue -ha precisato Fini- abbiamo dovuto fare i conti con il drastico calo produttivo dei cereali, con le perdite della zootecnia, con le minacce reputazionali sul vino, con la riduzione quantitativa dell’olio d’oliva e altre produzioni tipiche del Made in Italy. A incidere non è stata solo la crisi climatica o la costante emergenza manodopera o le ripercussioni economiche delle tensioni geopolitiche internazionali. C’è stata un’Europa -ha concluso il presidente di Cia- che avrebbe dovuto ascoltare di più la voce degli agricoltori, perché la transizione ecologica fosse un’alleata e non finisse per fagocitare, inutilmente, il lavoro necessario che andava, invece, fatto per rafforzare la tenuta e la competitività dell’Unione, lavorando di più e meglio sul rispetto della reciprocità commerciale nei negoziati bilaterali, da ultimo il caso Mercosur, e anticipando di gran lunga le mire trumpiane”. 

_________________

Visualizza Allegato





1 In Evidenza - 14 mar 2025

Dazi Usa: Cia, allarme rosso per export agroalimentare. A rischio Pecorino Romano, vini, Prosecco e sidro Made in Italy


Chianti e Amarone, Barbera, Friulano e Ribolla, Pecorino Romano, Prosecco e persino sidro di mele. Nella guerra commerciale che rischia di aprirsi con l’arrivo dei dazi di Trump il 2 aprile, ci sono prodotti tricolori in pericolo molto più degli altri, perché tanto dipendenti dall’export verso gli Stati Uniti. E lo stesso vale per le regioni, con Sardegna e Toscana particolarmente esposte a perdite milionarie con le nuove tariffe a stelle e strisce. È quanto emerge dall’analisi di Cia-Agricoltori Italiani, presentata alla sua X Conferenza economica a Roma, sulla base dei dati di Nomisma e dell’Ufficio studi confederale.

     
“Serve un’azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora -ha dichiarato il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. L’export agroalimentare negli Usa è cresciuto del 158% in dieci anni e oggi gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di 
riferimento mondiale per cibo e vino Made in Italy, con 7,8 miliardi di euro messi a segno nel 2024”. Secondo Fini, “l’Italia può e deve essere capofila in Europa nell’apertura di un negoziato con Trump, visto che abbiamo anche più da perdere. Gli Usa, infatti, valgono quasi il 12% di tutto il nostro export agroalimentare globale, mettendoci in testa alla classifica dei Paesi Ue, molto prima di Germania (2,5%), Spagna (4,7%) e Francia (6,7%)”. Ecco perché “bisogna agire e fare di tutto per contrastare l’effetto deflagrante dei dazi Usa alle porte, tra danni enormi a imprese e cittadini, dilagare dell’Italian sounding e spazi di mercato a rischio occupazione da parte di altri competitor. A partire proprio dai prodotti e dalle regioni più esposti verso Washington”.

          
I PRODOTTI AGROALIMENTARI PIU’ ESPOSTI SUL MERCATO USA – Guardando ai prodotti Made in Italy che trovano negli Stati Uniti il principale sbocco, in termini di incidenza percentuale sulle vendite oltrefrontiera, al primo posto si colloca il sidro, una nicchia di eccellenza che destina il 72% del suo export al mercato americano (per un valore di circa 109 milioni di euro nel 2024), seguito dal Pecorino Romano (prodotto al 90% in Sardegna), il cui export negli Usa vale il 57% di quello complessivo (quasi 151 milioni di euro). Due produzioni molto ricercate dall’industria a stelle e strisce, con “l’Apple Cider” tra le bevande più popolari tra i millenial e il nostro formaggio di pecora utilizzato soprattutto per insaporire le patatine in busta. Ma con i dazi al 25%, il florido settore americano di chips e snack (2,5 miliardi) potrebbe sostituire il Pecorino nostrano con altri prodotti caseari più convenienti. L’arrivo di nuove tariffe rischia dunque di tagliare di netto il loro mercato, con quote difficilmente rimpiazzabili in altre aree geografiche. Discorso a parte sul vino italiano, per il quale gli Usa sono la prima piazza mondiale con circa 1,9 miliardi di euro fatturati nel 2024, ma con “esposizioni” più forti di altre a seconda delle bottiglie. A dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono infatti i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni). Grandi numeri che i dazi possono scombinare, lasciando strada libera ai competitor di aggredire una fetta di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno. Anche per l’olio d’oliva italiano gli Stati Uniti hanno un peso significativo, pari al 32% del proprio export (937 milioni di euro nel 2024), ma meno sostituibile nella spesa degli americani, e così a scendere per i liquori (26%, 143 milioni). Meno esposti al mercato Usa risultano invece Parmigiano Reggiano e Grana Padano, per una quota che pesa per il 17% del valore dell’export congiunto di questi due formaggi (253 milioni), così come pasta e prodotti da forno (13%, 1,1 miliardi).

           
LE REGIONI PIU’ ESPOSTE SUL MERCATO USA – Se dai singoli prodotti o categorie di prodotti si passa all’export agroalimentare delle regioni, si scopre dai dati Cia che quella più esposta ai nuovi dazi risulta essere la Sardegna (dove si produce oltre il 90% del Pecorino Romano Dop) il cui export agroalimentare finisce per il 49% negli Stati Uniti (e, giocoforza, ci finisce anche il 74% dell’export dei prodotti lattiero-caseari isolani). Al secondo posto per maggior “esposizione” negli Usa figura la Toscana (28% del proprio export agroalimentare, con l’olio in pole position con il 42% e i vini con il 33% delle relative esportazioni). Ma negli Stati Uniti finisce anche il 58% dell’export di olio del Lazio, così come il 28% delle esportazioni di pasta e prodotti da forno abruzzesi e il 26% di quelle di vini campani. Insomma, considerando le diverse aree del Belpaese, sono le esportazioni agroalimentari del Centro e Sud Italia a “rischiare” di più con l’applicazione dei dazi di Trump, anche alla luce di relazioni consolidatesi negli anni con questo importante mercato spesso grazie alla domanda generata dalle comunità di italiani residenti negli Stati Uniti.

Visualizza Allegato