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1 In Evidenza - 24 giu 2025

Pac: Cia, uniti in Europa a difesa del cibo. No al Fondo unico


“L’agricoltura è sotto attacco. L’ipotesi di un Fondo unico europeo che taglia le risorse e aggrega tutti i settori, non è la soluzione. Colpire la Pac vuol dire mettere a rischio lo spirito comunitario dell’Europa che è nata nei campi e ora ci chiede coesione e coraggio a difesa degli agricoltori, a garanzia della sicurezza alimentare globale”. È questo l’appello a tutto il mondo agricolo lanciato, oggi, dal presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, in occasione dell’incontro sul tema con i vertici confederali.

“Non possiamo accettare l’oscurantismo che sta accompagnando la data del 16 luglio e la proposta di riforma della Pac che la Commissione Ue presenterà in quella giornata -ha detto Fini-. Di fronte a un’Europa che prende le distanze dall’ascolto e dal confronto con gli agricoltori, dobbiamo dire basta alle nostre divisioni per dare forma a una battaglia unitaria, da Roma a Bruxelles, che impedisca la distruzione dell’unica e più importante politica europea che assicura cibo a tutti”.

CIA PER LA PAC - Dalla campagna contro le rendite fondiarie alle sollecitazioni inviate, via lettera, anche alla premier Meloni, dall’adesione alla petizione del Copa-Cogeca al lavoro tra i Paesi del Mediterraneo, non si ferma la mobilitazione per la Pac messa in atto dalla Confederazione: perché è un pilastro fondamentale a sostegno del reddito degli agricoltori, ma anche l’unico strumento in grado di incentivare lo sviluppo rurale e la tutela dell’ambiente. Perché il Fondo unico toglie autonomia alla Pac, riduce le risorse e cancella le specificità agricole; crea disparità tra gli Stati membri, mette in competizione agricoltura, salute, energia e ricerca, compromette il mercato unico e tutta l’Europa. Perché resta aperto il nodo budget, non adeguato alle sfide globali, ai livelli dell’inflazione e alle garanzie di cibo sano e sicuro. Perché il tema riguarda tutti, in gioco c’è l’agricoltura che contrasta la crisi climatica e il dissesto, gli agricoltori che sono custodi del territorio e della biodiversità, argine contro l’abbandono delle aree interne.

“Stiamo affrontando tutto questo in un contesto complesso -ha concluso Fini-. I conflitti e le tensioni geopolitiche, sempre più su scala mondiale, hanno di nuovo spostato l’asse dell’attenzione e con indiscutibile urgenza e importanza. Eppure, Bruxelles dovrebbe ricordare che l’Europa è stata fondata sulla pace, e non sulla guerra che alimenta la fame, e per questo anteporre il cibo alle armi. Lo tenga a mente il prossimo Consiglio Ue, il 26 e 27 giugno, ultima occasione ufficiale per far invertire la rotta”.  

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1 In Evidenza - 23 giu 2025

Assemblea Anp-Cia: priorità a pace, welfare e sanità universale

Pensioni dignitose, sanità pubblica, servizi sociosanitari adeguati, soprattutto nelle aree interne e rurali, e nuove politiche Ue di pace. Questi i temi al centro dell'Assemblea di Anp, l’Associazione nazionale pensionati di Cia-Agricoltori Italiani, che si è tenuta a Bologna lo scorso 21 giugno, inaugurata dalla Festa interregionale delle regioni del Nord. In centinaia, tra delegati e ospiti, alla due giorni di condivisione e dibattito su temi sempre più cruciali per gli anziani e il Paese.

 “Ribadire il nostro impegno per la pace e tornare a insistere sulle pensioni dignitose e una sanità pubblica con servizi sociosanitari realmente adeguati, in particolare nelle zone marginali d’Italia è oggi sempre più necessario e importante -ha detto, in apertura dell’assemblea, il presidente nazionale Anp-Cia, Alessandro Del Carlo, richiamando anche il documento programmatico dell’Associazione-. C’è una scarsa attenzione della politica verso gli anziani e i pensionati, in un contesto globale segnato da nuove guerre, crisi delle istituzioni internazionali e mancanza di visione comune. Per questo Anp-Cia -ha aggiunto- lancia un appello all’Europa affinché ritrovi il suo spirito guida per tornare a orientare scelte e decisioni alla coesione sociale e al contrasto dello spopolamento dei piccoli centri. Valorizzare l’agricoltura e il welfare di comunità sia la strategia cardine, anche a sostegno del sistema sociosanitario che deve restare equo e realmente universale”.

Inaccettabile per Anp-Cia che 5 milioni di italiani rinuncino alle cure perché non possono accedere alle prestazioni pubbliche, né permettersi quelle private. Servono investimenti per almeno il 7,5% del Pil, in linea con le previsioni dei maggiori Paesi Ue. Così come le pensioni dovrebbero essere di almeno 800 euro mensili perché possano essere definite dignitose. “Proponiamo di adottare l’indice europeo IPCA per una rivalutazione più equa degli assegni pensionistici -ha concluso Del Carlo- e rilanciamo la necessità di politiche efficaci per l’invecchiamento attivo, con una legge nazionale e fondi adeguati da parte delle Regioni”.

A fargli eco il caso territoriale con gli interventi del presidente di Cia Emilia-Romagna, Stefano Francia; del presidente dell’Assemblea legislativa della Regione, Maurizio Fabbri, e dell’assessore Scuola e agricoltura del Comune di Bologna, Daniele Ara.

Insieme a loro Pierino Liverani, presidente Anp-Cia Emilia-Romagna e vicepresidente nazionale dell’Associazione, ha detto: “La vita media si sta allungando e la popolazione mondiale sta invecchiando, ma non ci si sofferma abbastanza sugli anziani risorsa per l'economia del Paese. Con la mole di volontariato e di aiuto alle giovani famiglie, il valore del nostro ‘lavoro’ ammonta, oggi, a circa 8-9 miliardi di euro annui. Una cifra ragguardevole che andrebbe tenuta a mente per rispondere a richieste basilari come il diritto alla salute e a un invecchiamento attivo, a risorse per la non autosufficienza, a servizi nelle aree rurali e presidi sul territorio, a pensioni che consentano davvero di lasciare il posto alle nuove generazioni. Riconosciamo la nostra responsabilità e quanto giovani e donne, sempre più presenti nel settore, siano il cuore pulsante dell’agricoltura. L’Italia e l’Europa si prendano l’onere di un cambiamento radicale a loro sostegno”.

Di estremo supporto la tavola rotonda con l’europarlamentare Annalisa Corrado, la segretaria generale Cittadinanzattiva, Annalisa Mandorino e la consigliera Age Platform Europe, Daniela Zilli.  

Infine, la chiusura dei lavori da parte del presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini: “La situazione attuale, per il Paese e per l’agricoltura, è complessa. I prezzi aumentano, ma non c’è alcun adeguamento né degli stipendi, né delle pensioni, con l’inevitabile impoverimento progressivo, soprattutto tra la classe medio-bassa. Continueremo, da unica associazione che da subito ha lanciato l’allarme sui rischi per la tenuta sociale, a sollecitare il Governo sull’urgenza di rimettere in sesto la sanità e garantire livelli adeguati di sussistenza alle persone, con l’alimentazione tassello chiave e gli agricoltori motore fondamentale dell’intera filiera. Una battaglia -ha concluso Fini- nient’affatto scontata visto quanto sta accadendo in Europa. Un Fondo unico che ingloba Pac e fondi di coesione non è la soluzione che ci saremmo aspettati da un Commissione che sembrava aver compreso le priorità. Cia continuerà a far sentire la sua voce manifestando a Bruxelles e dialogando finché avrà voce per un’Europa più giusta, più equa, più umana”.

Poi, i titoli di coda con la proiezione del film "Genoeffa Cocconi: i miei figli, i fratelli Cervi".

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1 In Evidenza - 23 giu 2025

Ue: Cia, in mobilitazione contro fondo unico. Pac mantenga sua autonomia


Cia-Agricoltori Italiani
 si mobilita contro l’ipotesi di un fondo unico in cui la Pac potrebbe essere diluita dopo il 2027
 e aderisce alla petizione del Copa-Cogeca per una politica agricola comune, forte e adeguatamente finanziata. In un momento in cui l'Europa deve affrontare le sfide dall'instabilità geopolitica, del climate change e dei mutamenti del commercio mondiale, Cia ribadisce che la Pac è uno strumento fondamentale per garantire l'accesso a prodotti alimentari sicuri, sostenibili e sostiene le comunità rurali e milioni di agricoltori, contribuendo alla resilienza economica, ambientale e sociale dell'Europa.

Cia è pertanto contraria alla revisione della struttura della Pac, che rischia di essere diluita in un fondo generale, andando in competizione con altre priorità politiche. Questo aumenterebbe l'incertezza e minerebbe la sopravvivenza degli agricoltori europei e il futuro agricolo del continente. La Pac deve rimanere la spina dorsale della strategia alimentare e agricola dell'Ue, come sancito nei trattati, attraverso la sua natura condivisa, la sua struttura e l'assegnazione specifica delle risorse. La politica agricola Ue deve, infatti, rimanere “comune” per non rischiare di frammentare il mercato unico, approfondendo le disuguaglianze tra gli stati membri e minando il reddito degli agricoltori. Integrare la Pac con altre politiche danneggerebbe gli investimenti agricoli a lungo termine nelle aree rurali, nonché l'adozione di innovazioni, il ricambio generazionale e la sostenibilità ambientale. Cia ribadisce, inoltre, che qualunque riforma della Pac deve essere accompagnata da risorse finanziarie adeguate.

Cia appoggia, dunque, la petizione intitolata nosecuritywithoutcap.eu lanciata dal Copa Cogeca con l'obiettivo di sensibilizzare e mobilitare l'intera comunità agricola europea contro l'idea di un fondo unico che potrebbe indebolire la Pac dopo il 2027, poiché l'approccio perseguito dalla Commissione europea contraddirebbe sia la storia che i suoi stessi messaggi sull'importanza strategica dell'agricoltura.

“Durante l’odierno praesidium del Copa Cogeca -dichiara il vicepresidente nazionale Cia, Matteo Bartolini- si è, inoltre, deciso di orientarsi con fermezza verso i capi di stato in vista del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno, con una lettera in cui le associazioni e le cooperative agricole ribadiscono la necessità della difesa di una Pac autonoma e richiedono, pertanto, un incontro specifico sul tema, a latere del Consiglio”.

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1 In Evidenza - 23 giu 2025

CIA Abruzzo: "Agea acceleri i pagamenti e semplifichi le procedure per sostenere davvero le aziende agricole"

CIA Agricoltori Italiani Abruzzo, commentando il Rapporto Annuale 2024 di Agea, riconosce i progressi nell’innovazione digitale ma sottolinea criticità ancora troppo pesanti che ostacolano concretamente il lavoro e la competitività delle aziende agricole regionali.

Ritardi nei pagamenti, burocrazia e inefficienze amministrative restano problemi strutturali che penalizzano il settore, già duramente colpito da crisi climatiche, instabilità dei mercati e incremento dei costi produttivi.

“Le imprese agricole abruzzesi non possono più permettersi di attendere mesi per ricevere gli aiuti comunitari e nazionali. La mancanza di liquidità mette a rischio la programmazione aziendale e la sopravvivenza stessa di molte attività”, dichiara Nicola Sichetti, Presidente CIA Abruzzo.

L’organizzazione agricola sollecita pagamenti puntuali, l’adeguamento ai migliori standard europei e l’eliminazione di una burocrazia che grava inutilmente sulle aziende: moduli ripetitivi, controlli eccessivi, sistemi digitali non sempre affidabili. In particolare, la CIA evidenzia che strumenti innovativi come la Carta Nazionale dell’Uso del Suolo (CNdS) e l’Area Monitoring System (AMS), pur rappresentando un passo in avanti, devono essere resi più precisi, trasparenti e accessibili per evitare contestazioni e rallentamenti.

Fondamentale anche il rafforzamento dei Centri di Assistenza Agricola (CAA): punto di riferimento indispensabile per le imprese, spesso però limitati da carenze operative e burocratiche.

“Servono meno carte e più sostegno concreto, con procedure snelle e assistenza tempestiva. Solo così si potrà rilanciare un’agricoltura competitiva e sostenibile, liberandola dal peso di una macchina amministrativa ancora troppo lenta”, sottolinea Sichetti.

CIA rivolge un appello al Governo e alle istituzioni europee: è il momento di passare dalle parole ai fatti. Accelerare i pagamenti, migliorare gli strumenti digitali, semplificare le procedure e potenziare i CAA sono azioni indispensabili per restituire slancio all’agricoltura abruzzese e nazionale.

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1 In Evidenza - 20 giu 2025

Agricoltura sotto attacco. Non arriviamo al Fondo!

Cia in mobilitazione permanente a difesa della Pac

L'agricoltura è sotto attacco. Cia-Agricoltori Italiani non intende accettare i rischi legati alla proposta di un Fondo unico che riduce le risorse e cancella le specificità agricole.

L'Europa è nata nei campi e la Politica agricola comune è il suo cuore verde. Colpire la Pac vuol dire, dunque, mettere a repentaglio l'Euorpa.

Non arriviamo al Fondo! La Confederazione continua a promettere battaglia e punto per punto spiega perchè.

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1 In Evidenza - 13 giu 2025

Estate 2025: agriturismi in Abruzzo, segnali contrastanti ma fiducia per la stagione estiva

In Abruzzo sono attualmente 568 gli agriturismi attivi, pari al 2,2% del totale nazionale. Un numero che colloca la regione al 16° posto in Italia (a pari merito con la Calabria), secondo gli ultimi dati ISTAT elaborati da Cresa – Centro Studi della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia.

Il quadro complessivo mostra segnali misti: da un lato una lieve crescita nel medio periodo (+2,3% dal 2019), dall’altro una flessione più marcata nel lungo periodo, con un calo di 68 strutture dal 2010 al 2023 (−10,7%), in controtendenza rispetto al +30,8% nazionale. Tra il 2022 e il 2023 si è registrato un saldo negativo di −18 attività (−3,1%).

Il settore agrituristico continua a rappresentare una risorsa strategica per il nostro territorio”, commenta Nicola Sichetti, presidente CIA Abruzzo. “Nonostante le difficoltà, il comparto conserva una forte capacità attrattiva, ma servono politiche mirate, accesso ai fondi europei e investimenti per innovare l’offerta e rispondere alla domanda contemporanea di turismo rurale, esperienziale e sostenibile. Il futuro del turismo rurale abruzzese passa dalle nuove generazioni”, continua Sichetti, “Se vogliamo davvero rilanciare il settore agrituristico, dobbiamo puntare su giovani imprenditori, innovazione e filiere corte legate al territorio”.

In Abruzzo il settore agrituristico si conferma una realtà dinamica, con caratteristiche distintive che lo rendono un modello interessante anche nel confronto con il resto del Paese. Una delle peculiarità più significative è la forte presenza femminile nella gestione delle strutture: il 46,6% degli agriturismi è infatti guidato da donne, una quota nettamente superiore rispetto alla media nazionale del 34,2%. Un dato che racconta di un imprenditorialità agricola al femminile sempre più solida e presente sul territorio.

Anche in termini di diffusione, la regione mostra una buona vitalità: la densità agrituristica per popolazione, pari a 4,5 strutture ogni 10.000 abitanti, risulta leggermente superiore a quella italiana. Le aziende si distribuiscono prevalentemente in collina (65%) e in montagna (35%), confermando la vocazione rurale dell’Abruzzo e la stretta relazione tra offerta turistica e paesaggio naturale.

Dal punto di vista dei servizi, l’82,9% degli agriturismi abruzzesi offre alloggio, il 70,4% ristorazione e oltre la metà (51,9%) propone attività complementari come sport, equitazione e fattorie didattiche. Anche qui la regione si colloca sopra le medie nazionali, evidenziando un’attenzione crescente verso la multifunzionalità e il turismo esperienziale.

Tuttavia, i dati del 2023 delineano anche alcune criticità. Lo scorso anno gli agriturismi abruzzesi hanno accolto 25.060 turisti, per un totale di 78.049 pernottamenti. Il soggiorno medio è salito da 2,9 a 3,1 notti, ma resta inferiore alla media italiana di 3,7 giorni. Ancora più preoccupante è la flessione rispetto al 2022: −11% di arrivi e −3% di presenze, mentre a livello nazionale si è registrata una crescita dell’11% e del 7% rispettivamente.

Il turismo internazionale continua a rappresentare una quota ridotta del mercato agrituristico abruzzese: solo il 19% degli arrivi e il 24% delle presenze proviene dall’estero, contro valori nazionali più che doppi (51% e 60%). Eppure, nel confronto con il 2019, si osservano segnali incoraggianti, con un aumento del 36% degli arrivi e del 23% delle presenze straniere.

“Nelle aree interne e montane l’agriturismo è molto più che turismo: è presidio sociale e presidio ambientale”, sottolinea Roberto Battaglia, presidente CIA L’Aquila-Teramo. “In territori come i nostri, spesso marginalizzati dai grandi flussi turistici, le aziende agrituristiche rappresentano una delle poche possibilità concrete di sviluppo locale. Non parliamo solo di ospitalità, ma di agricoltura viva, tutela del paesaggio, filiera corta, educazione ambientale”.

“Il turismo rurale è una grande risorsa per l’Abruzzo”, dichiara Domenico Bomba, presidente di CIA Chieti-Pescara “Gli agriturismi offrono esperienze autentiche e sostenibili, ma serve più attenzione da parte delle istituzioni: investimenti mirati, formazione e sostegno all’innovazione possono fare la differenza per rilanciare davvero il comparto”.

In Abruzzo le strutture restano mediamente più piccole (13 posti letto contro i 14 italiani; 35 posti a sedere contro 41) e meno diversificate nei servizi: meno del 20% propone degustazioni enogastronomiche, a fronte di una media nazionale del 25%.

“Dobbiamo puntare con decisione sull’innovazione dell’offerta”, afferma Domenica Trovarelli, presidente Turismo Verde Abruzzo. “Occorre rafforzare la multifunzionalità, allungare la durata media dei soggiorni, attrarre più turismo straniero. Gli agriturismi non sono solo strutture ricettive: sono veri e propri presìdi di territorio, strumenti fondamentali per contrastare lo spopolamento delle aree interne, valorizzare le produzioni tipiche e mantenere viva la cultura contadina. Investire su di loro”, conclude, “significa investire sul futuro dell’Abruzzo”.

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News Cia Abruzzo

1 In Evidenza - 05 gen 2021

Covid: Cia, agriturismi ko con nuovo decreto. Tiene la consegna a domicili

Il nuovo decreto anti-Covid, con ulteriori restrizioni fino al 15 gennaio, continua a togliere agli agriturismi e alle aziende agricole importanti occasioni di ripresa, facendo sfumare definitivamente anche i potenziali guadagni degli ultimi giorni di festività. Alle aziende agrituristiche resta, dunque, la possibilità dell’asporto e della consegna a domicilio, che ha funzionato bene tra Natale e Capodanno, e ha agevolato in questi giorni gli acquisti per l’Epifania che, domani, vedrà l’Italia in zona rossa. A ricordarlo è Cia-Agricoltori Italiani, anche in vista del prossimo week-end del 9 e 10 gennaio, con il Paese in zona arancione e, quindi, con i 24 mila agriturismi italiani ancora chiusi anche a pranzo.

Vietati gli spostamenti tra regioni, confermata la chiusura di bar e ristoranti alle 18 e il coprifuoco alle 22, gli italiani confermeranno, secondo Cia, la propensione agli acquisti di prossimità, alla spesa di materie prime direttamente in aziende o alla consegna a domicilio con la vendita diretta sempre più a portata di click. Lo confermano le oltre 100 mila consegne a domicilio registrate dagli agricoltori di Cia in sei mesi dall’attivazione del portale “I Prodotti dal campo alla tavola” (https://iprodottidalcampoallatavola.cia.it/) che oggi ospita, organizzate per regioni, oltre 1.000 attività tra aziende e agriturismi, pronte a recapitare, tutti i giorni, direttamente a casa, prodotti agricoli freschi e piatti tipici regionali preparati dagli Agrichef.

Nelle ultime settimane, sottolinea Cia, le aziende agricole presenti sul portale, hanno confezionato migliaia di cesti di Natale e consegnato in anticipo altrettante calze della Befana che saranno immancabili, nonostante le restrizioni, in 3 famiglie su 4. Rigorosamente rispettose della tradizione, contengono dolci tipici e frutta di stagione, senza far mancare caramelle e carbone.

Il portale di consegna a domicilio si conferma, per Cia, una scelta necessaria e strategica per dare sostegno alle famiglie e supportare la tenuta delle aziende agricole e degli agriturismi ma, ribadisce l’organizzazione, non può certo rappresentare la soluzione, tanto più nel lungo periodo.

Con il Covid, le strutture agrituristiche hanno perso, durante le festività, più di 2 milioni di presenze. È in gioco, a livello nazionale, la sussistenza di 100 mila operatori e un fatturato annuo di circa 1 miliardo prima della pandemia. Servono, dunque, come già sollecitato al Governo, contributi a fondo perduto più sostanziosi e, in particolare, la cassa integrazione per i dipendenti. Molte attività rischiano di chiudere i battenti, mentre la primavera è dietro l’angolo e richiederebbe sin da ora una reale programmazione e strategie efficaci.

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1 In Evidenza - 03 gen 2021

Capodanno: Cia, il Covid taglia 1 zampone su 3 dalla lista della spesa

Forte calo negli acquisti dei tradizionali zamponi e cotechini per le feste di fine anno: ennesimo colpo che conferma la grave crisi della filiera suina, fiore all’occhiello del Made in Italy agroalimentare. Secondo Cia-Agricoltori Italiani, il calo sarà di 1/3 rispetto ai 6 milioni di kg di prodotto (di cui 4 Igp, il resto tradizionale), consumato nello stesso periodo del 2019. Sono, infatti, fortemente diminuiti i ritiri di carne suina negli allevamenti da parte dell’industria alimentare, malgrado il -20% dei prezzi medi degli ultimi 2 mesi, ampiamente sotto i costi di produzione.

Per gli insaccati precotti con cui tradizionalmente si festeggia il nuovo anno, ci sarà dunque, una contrazione dei consumi, a seguito delle misure imposte dal Governo per contrastare la pandemia. Sarà un San Silvestro sobrio, senza parenti e amici, né veglioni o ritrovi di famiglia e si dirà addio alle maxi-tavolate imbandite, che avevano nel 2019 un budget alimentare di quasi 2 miliardi, fra cenone e pranzo del primo gennaio.

Il giro d’affari di zamponi e cotechini è di circa 28 milioni di euro per i soli prodotti Igp, considerati più sicuri dal punto di vista della qualità, grazie al disciplinare che ne indica con precisione il luogo di produzione, le modalità di lavorazione e la conservazione delle carni. Cotechini e zamponi sono fatti della stessa sostanza: carne di maiale magra e grassa, macinata grossolanamente, unita poi a cotenna di maiale e tritata. La differenza fra i due prodotti è data dall’involucro: la zampa di maiale anteriore per lo zampone, il budello per il cotechino. Nonostante la diffusa credenza, non si tratta di prodotti particolarmente grassi, anche perché la cottura favorisce il calo della parte lipidica: 100 grammi contengono le stesse calorie di un etto di mortadella e meno della stessa quantità di salame, con un interessante apporto proteico fornito dalla cotica, oltre a buone percentuali di ferro, zinco e delle vitamine del gruppo B.

La crisi delle vendite di zampone e cotechino nelle feste del 2020 rappresenta, dunque, per Cia un ulteriore danno per il settore suinicolo nazionale già in crisi, che ha toccato addirittura un -18%, nonostante il lieve recupero registrato durante i mesi estivi. La forte contrazione dei prezzi è in parte dovuta alla saturazione del mercato europeo, con il mancato export in Cina delle carni suine tedesche, dopo i casi di Peste suina africana nei cinghiali in Sassonia, che hanno provocato un danno enorme agli allevatori di quel Paese.

 In Italia, la crisi della zootecnia suina è amplificata dalle generali difficoltà del canale Ho.re.ca (hotel, ristoranti, bar, mense) dopo la crisi pandemica, che ha avuto un impatto particolarmente negativo su questa filiera. Ultima beffa per gli allevatori del settore, la deroga al 31 gennaio imposta dal Mise sull’obbligo di etichettatura di origine sulle carni suine trasformate dalle industrie (prosciutti, salumi, mortadelle), dilazionando la possibilità di una maggiore valorizzazione del Made in Italy.

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1 In Evidenza - 03 gen 2021

Covid: Anp-Cia lancia appello alla vaccinazione a tutti i suoi 400mila associati

La campagna vaccinale contro il Covid-19 appena iniziata è uno straordinario risultato frutto di un grande impegno della ricerca e della scienza, che potrà consentire di sconfiggere l’epidemia per un ritorno alla normalità in campo economico e nella vita sociale. Questo il commento positivo di Anp-Cia (l’associazione dei pensionati Cia-Agricoltori Italiani), che condivide ed incoraggia il Governo a proseguire sulla strada della somministrazione dei vaccini con il principio della gratuità e della disponibilità a tutti, senza discriminazioni sociali o territoriali e adottando un corretto criterio di priorità nei confronti delle categorie più a rischio, come il personale sanitario e tutte le persone impegnate nelle attività e servizi di pubblica utilità.

L’Anp-Cia apprezza che sia stata data priorità alla popolazione anziana, in virtù della loro fragilità fisica, con tutte le ulteriori distinzioni che le autorità sanitarie intendono prevedere. La disponibilità del vaccino è la buona notizia di fine anno, che dà speranza: “una puntura di ottimismo” dopo un lungo periodo di sacrifici e paure. Tuttavia, sarà necessario non abbassare la guardia e continuare ad avere comportamenti responsabili tesi alla massima prudenza, proseguendo con l’uso delle protezioni per proteggere se stessi e gli altri.

La campagna di vaccinazione potrà essere più efficace nella misura in cui vi sarà un controllo puntuale della diffusione del virus e raggiungere quanto prima l’auspicata immunità di gregge, condizione indispensabile per un ritorno alla normalità. L’Anp-Cia fa appello ai propri associati e a tutti gli anziani di mettersi a disposizione delle autorità sanitarie ascoltandone le indicazioni e i consigli relativi alle modalità e tempi per potersi vaccinare: il vaccino contro il Covid non è obbligatorio, ma è fortemente consigliato. Lo strumento dei vaccini è stato nella storia, in Italia e nel mondo, quello che ha consentito di sconfiggere importanti malattie, salvando la vita e milioni di persone, alleviando sofferenze anche atroci, e conquistare livelli importanti di sanità e di salute pubblica; in sostanza, la conquista di un diritto fondamentale per tante persone nel mondo. 

L’Anp-Cia considera il vaccino contro il Covid un risultato straordinario che segna un punto alto di collaborazione fra la scienza, le istituzioni e la politica, soprattutto a livello europeo, avendo l’Ue favorito intese e azioni che si sono rivelate decisive per i risultati conseguiti.  Occorre imparare da questa esperienza quando inizierà la fase di ricostruzione, dovrà essere l’occasione per introdurre elementi di cambiamento per coniugare la ripresa con il progresso sociale, combattendo le diseguaglianze per una maggiore equità sociale. Questo è importante soprattutto per le persone anziane, in particolare per chi vive in quelle delle aree interne con pensioni basse e minori servizi, che hanno subito le maggiori conseguenze della recente crisi economica causata dalla pandemia.

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1 In Evidenza - 28 dic 2020

Natale: Cia, tavole più leggere (-5%). Vince il menù tipico regionale

Il Dpcm di Natale con le festività blindate in casa, le restrizioni sugli spostamenti e il coprifuoco, chiude il 2020 nel segno dell’emergenza, ma a tavola non toglie agli italiani il gusto del mangiare sano e di qualità nel segno della tradizione. Nel carrello, ridimensionata la spesa alimentare media, che perde meno degli altri comparti, scendendo del 5% e portandosi a 4,6 miliardi di euro tra la Vigilia e Capodanno. Queste le stime di Cia-Agricoltori Italiani, secondo cui è l’anno del menù tipico regionale, scelto in 2 case su 3, con il classico cenone del 24 a base di pesce per circa 15 milioni di famiglie.

Più in dettaglio, per le tavole natalizie si spenderanno fino a 2,6 miliardi di euro in totale. Quasi 2 miliardi, invece, il budget alimentare previsto per allestire il cenone di Capodanno e il pranzo del primo gennaio.

Rispetto ai menù, immancabili le ricette regionali delle aree rurali d’Italia con ragù, bollito, tortellini in brodo, verdure in pastella, abbacchio, pandoro e panettone farciti. Per la prima volta, invece, in calo gli acquisti di zampone e cotechino. Cia registra, quest’anno, una diminuzione di 1/3 rispetto ai 6 milioni di kg di prodotto (di cui 4 Igp, il resto tradizionale) consumati nel 2019. Una batosta su un giro d’affari prettamente natalizio da circa 28 milioni di euro.

A compensare, almeno in cucina, le ricette di pesce, che in questi giorni segna da sempre il consumo più elevato dell’anno. Lockdown e, soprattutto, stretta sulla ristorazione hanno tolto al mercato ittico delle feste il 25% degli incassi, ma nelle case non si rinuncerà ai classici. Capitone e spigola in testa, seguiti da baccalà e tonno, ma anche da alici, sarde e sgombri, che avranno la meglio sul pescato più pregiato. Molluschi e crostacei solitamente protagonisti dei cenoni fuori casa, stanno registrando un calo già da mesi. 

Il Made in Italy trova, comunque, tutti d’accordo, dal cibo alle bevande e fino alla notte di San Silvestro, più sobria, ma con ritrovato gusto per le produzioni nazionali. Spumante e prosecco trionfano sullo champagne, con il 90% dei brindisi tricolori e oltre 70 milioni di tappi pronti a saltare da qui all’anno nuovo. Le feste valgono di solito il 35% delle vendite annuali di sparkling in Italia e anche in questo 2020, nonostante tutto, il settore reggerà. Dei 600 milioni di euro per spumante e vino, finiti sulle tavole durante le festività del 2019, ne andranno persi “solo” 20 milioni (-3%). Tengono prosecco, Trento Doc, Franciacorta e gli altri vini spumanti nazionali.    

Infine, prosecco, vino, salumi e prodotti tipici italiani conquistano ancora di più il primato sotto l’albero di Natale. Le strenne con le eccellenze agroalimentari del territorio, spesso consegnate a domicilio direttamente dal contadino, sono tra le scelte regalo più gettonate per quasi il 40% degli italiani. In un cesto, il desiderio di portare l’Italia a casa, con i suoi odori, sapori e paesaggi, la volontà di donare cibo genuino Made in Italy e di contribuire alla rinascita, economica e non solo, del Paese.

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1 In Evidenza - 28 dic 2020

Covid: ASeS-Cia, al via donazioni alimentari in tutt’Italia per la Giornata internazionale della solidarietà

Frutta e verdura di stagione, pasta, conserve di pomodoro, vino e olio degli Agricoltori Italiani in dono alle famiglie in difficoltà a causa della crisi scatenata dalla pandemia. È in questo modo, attraverso una grande campagna di raccolta di cibo, che ASeS, la Ong di Cia, ha deciso di celebrare e dare un significato concreto alla Giornata internazionale della solidarietà, che si tiene ogni anno il 20 dicembre.

            A collaborare con ASeS in questa nuova iniziativa solidale ci sono le Cia regionali di Lombardia, Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Calabria e Puglia, insieme alla Comunità di Sant’Egidio e a numerose Caritas sul territorio, fondamentali per individuare i beneficiari e consegnare le derrate alimentari raccolte.

            “L’accesso al cibo deve essere garantito a tutti -spiega la presidente di ASeS-Cia, Cinzia Pagni-. Ma la pandemia ha fatto emergere nuove povertà, tra chi ha perso il posto di lavoro o non ha riaperto l’attività, chi non è rientrato negli aiuti del governo o chi ha una pensione al minimo. Solo nel periodo maggio-settembre, confrontato con lo stesso periodo del 2019, l’incidenza dei nuovi poveri, per effetto dell’emergenza Covid, è passato dal 31% al 45%. Con oltre 2 milioni di famiglie a rischio indigenza e un aumento superiore al 100% del numero di cittadini che si rivolgono ai servizi delle Caritas e degli enti caritatevoli per avere un aiuto per mangiare”.

            Un problema italiano, ma non solo. La crisi economica scatenata dal Covid, infatti, rischia di far aumentare la povertà a livello globale, quando già ci sono oltre 800 milioni di persone che non hanno cibo a sufficienza in tutto il mondo. Anche per questo motivo, contestualmente alla campagna in Italia, ASeS-Cia lancia iniziative analoghe di donazioni alimentari per la Giornata internazionale della solidarietà presso le sue sedi estere in Paraguay, Senegal e Mozambico, dove porta avanti da anni progetti di cooperazione allo sviluppo.

            “Ci auguriamo che il 20 dicembre sia solo una data simbolica e che le donazioni continuino anche successivamente -aggiunge la presidente Pagni-. Attraverso questa raccolta vorremmo, infatti, sensibilizzare l’opinione pubblica non solo in occasione delle prossime festività, ma attivarci affinché il gesto del donare a chi ha meno diventi il nostro modello di vita. Anche se ogni sede Cia e ognuno dei tre Paesi esteri parteciperà all’evento nei modi e nelle forme a loro più consoni, lo spirito che animerà la raccolta è da tutti condiviso ed è il desiderio di tornare a investire sulle persone, di essere responsabili verso gli altri, di restituire il valore del cibo, così come quello della solidarietà”.

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1 In Evidenza - 17 dic 2020

Natale: PescAgri-Cia, pesce alla vigilia come da tradizione per 15 mln di famiglie. Fatturato ittico delle feste a -25%

Covid e stretta sugli spostamenti non toglieranno agli italiani il menù di pesce, tipico della Vigilia di Natale e della notte di San Silvestro. Sarà portato a tavola in 2 case su 3, con una spesa media di 70 euro a nucleo, rispetto ai 90 dello scorso anno. Per circa 15 milioni di famiglie la scelta del menù sarà orientata a ricette povere della tradizione con tonno e baccalà o pesci come l’orata per piatti non troppo elaborati. A tracciare una stima è l’analisi di PescAgri, l’Associazione Pescatori Italiani promossa da Cia e che conta già per il settore ittico, in questo 2020, un calo del fatturato oltre il 40%. Segno negativo dovuto eccedenza di prodotto e calo dei prezzi per via soprattutto delle restrizioni su ristoranti, catering e hotel.

A condizionare radicalmente i consumi di pesce durante le feste, spiega AgriPesca-Cia, l’impatto del Dpmc sui cenoni, rigorosamente a casa e, si presume, per non più di 6 persone, almeno il 24 dicembre. Quest’aspetto ridimensionerà in proporzione, le quantità acquistate che in media per la spesa di Natale e Capodanno, non andranno oltre i 3 kg a carrello. Si tenderà a essere più precisi nelle porzioni, ma anche a scegliere il pesce fresco. Dunque, poco ma buono. Vinceranno i piatti tipici della Vigilia, quindi sulle coste italiane, quelli più legati alla cucina a base di pesce locale e per ricette elaborate, mentre nell’entroterra si prediligeranno quelle più essenziali, con prodotto fresco e trasformato. Baccalà e tonno, ma anche alici, sarde e sgombri, orate e spigole avranno la maggiore sul pescato più pregiato. Molluschi e crostacei, protagonisti delle feste in ristoranti e hotel, vivranno, invece, un serio calo. 

Rendono, riferisce PescAgri-Cia, i dati del Mercato Ittico all'ingrosso di Chioggia, la più grande Marineria d’Italia che, oggi conta 2 sole giornate di lavoro a settimana, quando soprattutto a fine anno, prima del Covid, si è sempre lavorato senza sosta. Ne sono conseguenza le perdite importanti, già registrare a novembre, in termini di volumi del prodotto locale: crostacei (-31%), pesce bianco (-17%) e molluschi che reggono meglio (-5%). Quanto al valore, il pescato di Chioggia (pesce azzurro e bianco) è già a -22% per il solo mese di novembre rispetto al 2019. Che non andrà bene al mercato dei crostacei può, inoltre, dirlo il dato sull’import con l’Italia sprovvista, per esempio, di aragoste e astici. Rispetto al 2019, i crostacei a novembre hanno fatto in termini di volumi un -78%. Il quadro nazionale si attesta più o meno sulle stesse cifre e mette in guardia sul rischio per il fresco e il Made in Italy. Il settore ittico perderà con le sole festività 300 milioni di euro di fatturato (-25%).

Difficile, aggiunge PescAgri-Cia, pensare poi a cenoni ristretti per Capodanno, ma esclusa la ristorazione, per gli oltre 6 milione di italiani abituati a mangiar fuori il 31 dicembre, sarà comunque inevitabile la cucina di casa. Davvero a poco servirà quel 15% di consumatori propensi al menù take away. Questo trend vale complessivamente circa 5 mld, mentre le restrizioni imposte all’Horeca, hanno tolto finora al settore alimentare, quasi 41 miliardi.

Infine, conclude PescAgri-Cia, va da sé che la crisi economica, le restrizioni sugli spostamenti per il Covid e le chiusure dei ristoranti, influiranno in negativo sulla domanda di pesce fresco e locale, a vantaggio di quello spesso più competitivo di importazione. Agli italiani chiediamo, come stanno già dimostrando, di preferire soprattutto prodotto ittico di origine nazionale, a sostegno dei produttori italiani, che potranno richiedere o scegliere sui banchi delle pescherie tradizionali o dei supermercati, selezionando le specie che riporteranno in etichetta oltre la zona di cattura anche un’ulteriore specifica con ben indicato che si tratta di prodotto “nazionale” o “nostrano”. Il consumatore può in questo modo cambiare l’offerta, oggi rappresentata per oltre il 70% da prodotto ittico di importazione. Per farlo deve cambiare la domanda ed è proprio il consumatore a poter fare la differenza diventando più consapevole ed esigente negli acquisti, premiando le pescherie che risultano più attente alla vera filiera corta e a una offerta più mirata a prodotti ittici dei nostri mari, dei nostri allevamenti e delle nostre acque dolci.

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