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In Evidenza - 16 feb 2022
Vino: Cia, bene voto Parlamento Ue, tutela salute senza demonizzare consumo
Dal Parlamento Ue è arrivata la risposta giusta per tutelare la salute dei cittadini senza demonizzare settori fondamentali per l’economia e la tradizione del Made in Italy, come il vino, riconoscendo che esiste un consumo moderato e responsabile delle bevande alcoliche e che è l’abuso, invece, a essere nocivo e pericoloso. Così Cia-Agricoltori Italiani, in merito al voto in plenaria oggi a Strasburgo sul Cancer Plan, ringraziando gli europarlamentari per il grande lavoro fatto sugli emendamenti poi votati in aula.
“Sosteniamo e condividiamo gli sforzi della Commissione nella lotta al cancro -spiega il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino- che rappresentano un passo avanti importante per il futuro della salute dei cittadini europei. Ma questi sforzi devono tenere conto delle eccellenze agroalimentari, come il vino ma anche la carne, che da sempre fanno parte dello stile di vita europeo e che caratterizzano la Dieta Mediterranea”.
Ancora di più con la pandemia, per Cia è importante tornare a mettere a fuoco la salute delle persone, che passa per lo screening delle malattie, ma anche per l’educazione e la promozione di corretti stili di vita e di un’alimentazione sana e diversificata.
“Le future politiche europee, dalle nuove norme in materia di etichettatura alla revisione della politica di promozione, devono essere definite seguendo questi principi -aggiunge Scanavino- e il faro deve essere sempre la nostra Dieta Mediterranea, patrimonio dell’Unesco da più di 10 anni, basata su varietà e biodiversità degli alimenti e stagionalità dei prodotti, nonché su un legame unico con il territorio e la sua cultura”.
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In Evidenza - 16 feb 2022
Cia Abruzzo: aumentano i Comuni per la produzione di uva in deroga
Aumentano i Comuni che possono produrre in deroga in Abruzzo. Con una lettera indirizzata alla Regione, lo scorso 12 gennaio 2022, Cia Agricoltori-Italiani Abruzzo ha chiesto che vengano inseriti un maggior numero di Comuni tra quelli in cui poter produrre quantità maggiori di 300 quintali di uva da vino per ettaro, secondo quanto disposto dal nuovo articolo 8 della Legge 12 dicembre 2016 (deroga alla resa massima per ettaro). Il decreto indicava un numero di soli cinque Comuni autorizzati alla produzione di queste quantità: Miglianico, Paglieta, Santa Maria Imbaro, Tollo e Villalfonsina. Lo stesso atto ministeriale consente a Regioni e Province Autonome di chiedere l'inserimento di altri Comuni nelle aree con vigneti in deroga, a condizione che almeno il 25% dei viticoltori che hanno coltivato uva per vini generici in quei territori dal 2015 al 2019, abbia avuto una resa maggiore ai 300 quintali per ettaro.
L’appello è stato accolto dalla giunta regionale e dall’assessore all’Agricoltura, Emanuele Imprudente, anche a seguito del Tavolo verde convocato dall’organizzazione lo scorso 28 gennaio, ampliando anche a ulteriori Comuni le aree vitate in cui sarà possibile produrre in deroga, oltre ai Comuni che erano già stati inseriti.
“Un risultato positivo”, afferma Mauro Di Zio, presidente Cia Abruzzo, “Riteniamo che anche molti altri Comuni abbiano i requisiti per poter usufruire della deroga evitando problemi soprattutto alle aziende vitivinicole che conferiscono alle cantine sociali”, spiega il presidente, “Nella provincia di Chieti, che è quella maggiormente vitata, ci sono Comuni in cui i produttori, già nelle precedenti vendemmie, hanno raggiunto rese superiori ai 300 quintali per ettaro, proprio per questo parametro riteniamo l’ampliamento giusto e opportuno”, continua Di Zio, “Pur riconoscendo la validità della Legge, chiediamo, inoltre, di creare un periodo di transizione affinché il processo sia graduale. Siamo favorevoli alle innovazioni normative, ma a patto che siano rispondenti alle realtà del territorio”.
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In Evidenza - 15 feb 2022
Grano: Cia e Italmopa insieme per costruire una “filiera bio equa italiana”
Collaborare per sviluppare e promuovere insieme progetti di filiera del grano 100% biologico italiano, con l’obiettivo di soddisfare i requisiti di qualità e sostenibilità e di garantire il giusto prezzo a tutti i soggetti coinvolti. Questo il senso del protocollo d’intenti siglato oggi a Roma dal presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, e dal presidente della Commissione Prodotti biologici di Italmopa, Nicola De Vita.
Lo scopo delle due organizzazioni è quello di costruire una vera e propria “filiera bio equa italiana”, partendo dai primi anelli della filiera, vale a dire produttori agricoli e industria molitoria, per poi allargarlo agli altri attori, fino alla Grande distribuzione organizzata.
Alla base del protocollo, la consapevolezza della centralità del settore biologico, sia per i consumatori, sia per le nuove politiche comunitarie e nazionali, dalla Pac al Green Deal al PNRR, in un’ottica di maggiore sostenibilità ambientale, economica e sociale.
D’altra parte -ricordano Cia e Italmopa- in Italia l’agricoltura biologica conta 2 milioni di ettari coltivati, il 16% circa (330.284 ettari) destinato ai cereali, di cui il 34% al grano duro e il 10% al frumento tenero; oltre a impegnare 80.000 operatori per un valore alla produzione di 3,5 miliardi di euro. Anche nella sfida europea, ovvero arrivare entro il 2030 a destinare il 25% dei terreni agricoli al bio, l’Italia risulta in vantaggio, con una percentuale di coltivazioni dedicate al 16% contro l’8% della media Ue.
Per questi motivi, con il protocollo d’intenti firmato oggi, Cia e Italmopa intendono adoperarsi per promuovere equi accordi commerciali fra i soggetti coinvolti, improntati al giusto prezzo, con l’impegno a collaborare per la definizione dell’opportuno meccanismo di definizione dei prezzi, della tipologia di contratti e della loro durata.
Inoltre, le due organizzazioni vogliono condividere gli obiettivi di qualità, dai requisiti della materia prima agli sfarinati al prodotto finito, nonché valorizzare la trasparenza e la tracciabilità delle filiere, l’origine italiana del grano biologico ovvero le specifiche aree territoriali regionali vocate del Paese.
L’obiettivo finale resta quello di comprendere, in tali accordi di filiera, tutti i soggetti coinvolti, dai produttori agli stoccatori, dai primi e secondi trasformatori alla Gdo. Con due considerazioni sullo sfondo: pagare il giusto prezzo ad agricoltori e molini è indispensabile per permettere la programmazione della produzione di grano, mentre oggi il ruolo della Grande distribuzione è sempre più centrale per poter valorizzare i prodotti biologici sul mercato.
In particolare, Cia e Italmopa si impegnano a favorire, tra le proprie strutture, modalità quali Contratti di Filiera e Contratti di Coltivazione, con dettagliati disciplinari di produzione tracciati, particolarmente avanzati dal punto di vista ambientale e sociale, promuovendo al contempo la ricerca e i processi innovativi, per esempio l’utilizzazione di strumenti digitali come la Blockchain.
“Questo protocollo d’intenti è un contributo importante per consolidare e rafforzare i rapporti nella filiera del grano bio Made in Italy -hanno detto i presidenti Scanavino e De Vita- e costruire percorsi sempre più green e di qualità, riconoscendo contemporaneamente il giusto reddito a tutte le componenti della catena produttiva, dal campo allo scaffale”.
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In Evidenza - 13 feb 2022
VIII Assemblea Elettiva provinciale: Domenico Bomba è il nuovo Presidente Cia Chieti-Pescara
Domenico Bomba è il nuovo Presidente di Cia Chieti-Pescara. Nella giunta provinciale da otto anni e vice presidente da quattro, Bomba è subentrato a Nicola Sichetti che ha guidato l’organizzazione per otto anni consecutivi esaurendo i due mandati previsti dallo Statuto. Domenico Bomba, 55 anni, di Lanciano, è stato eletto dall’VIII Assemblea elettiva provinciale che si è tenuta nella mattinata di ieri all’interno del padiglione “Daniele Becci” del Porto turistico Marina di Pescara.
La relazione di apertura del presidente uscente Nicola Sichetti ha ripercorso le tappe più significative del suo mandato analizzando i risultati raggiunti e le sfide ancora aperte ricordando i valori che hanno orientato la sua presidenza all’interno dell’organizzazione. “Le scelte compiute in questi anni hanno reso la Cia Chieti-Pescara sempre più solida e strutturata, sia dal punto di vista politico che gestionale e amministrativo riuscendo ad affrontare anche situazioni più ostiche come l’emergenza pandemica”, afferma Sichetti, “Per questo ringrazio chi mi ha affiancato nel mio percorso di cui ho apprezzato l’efficienza professionale e morale. Sono certo che la nuova direzione porterà la nostra organizzazione a raggiungere obiettivi sempre migliori”.
A seguire gli interventi dei rappresentanti istituzionali presenti che hanno evidenziato quanto l’organizzazione sia importante per il tessuto economico e sociale del territorio, nell’ottica di una sempre più proficua collaborazione tra gli enti. Bomba sarà affiancato dalla vicepresidente Beatrice Tortora e da Alfonso Ottaviano, riconfermato direttore. Eletto anche il nuovo comitato esecutivo formato da Anna Maria D’Alonzo, Cristino D’Ercole, Pierluigi Pace, Diego Pasqualone, Alessandro Impicciatore, Antonio Chinni, Valterio Paolucci e Nicola Sorgini.
“La precondizione che ci poniamo di mettere in campo è quella di continuare ad operare con grande oculatezza gestionale per garantire sostenibilità nel tempo e nuove opportunità di investimenti e crescita a tutta l’organizzazione”, così il neo presidente Bomba nel suo primo discorso programmatico, “Fin dall’inizio della mia carriera da imprenditore agricolo nel settore vitivinicolo, sono sempre stato parte di questa associazione, ne ho sempre apprezzato la serietà e professionalità e questa convinzione è maturata ancor di più negli anni in cui ho avuto l’onore di diventarne dirigente dandomi la possibilità di acquisire una approfondita conoscenza delle problematiche del settore agricolo. Risulterà prioritario consolidare e rafforzare la nostra capacità di ascolto degli agricoltori, affronteremo la problematica della carenza di risorsa idrica, cercando di offrire proposte e soluzioni ai consorzi di Bonifica di nostra competenza. Per quanto attiene il problema della fauna selvatica”, continua, “potenzieremo il lavoro degli Atc cercando di far prevalere gli interessi degli agricoltori rispetto a quelli del mondo venatorio. Tutti i comparti produttivi del settore agricolo avranno la giusta attenzione e considerazione, promuoveremo l’attività agrituristica, la vendita diretta e l’agricoltura sostenibile. Ringrazio Nicola Sichetti per aver saputo guidare con capacità e attenzione la nostra organizzazione e ringrazio tutti i soci per la fiducia accordatami”.
Fondamentali, infine, gli interventi di Claudia Merlino, direttore generale Cia - Agricoltori Italiani e di Mauro Di Zio, presidente Cia Abruzzo e vice presidente Cia nazionale, che hanno ribadito il ruolo importante dell’agricoltura come attività di interesse strategico per l’intera società.
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In Evidenza - 12 feb 2022
San Valentino: Cia, con rose estere alle stelle, 50% coppie sceglierà bouquet Made in Italy
Un San Valentino con pochi mazzi di rose, il cui prezzo al dettaglio è arrivato fino a 10 euro (+40%) per il fiore a gambo lungo, sopra i 70cm. Il 50% delle coppie innamorate sceglierà, dunque, bouquet misti in cui prevale prodotto tipico Made in Italy, composizioni più economiche -30 euro in media-, con varie tipologie: ranuncoli, fresie, anemoni, gerbere, alstroemerie, garofani (tutti da 1,5 a 2 euro a stelo) e al centro una singola rosa rossa. Il garofano viene anche usato il 14 febbraio per le classiche composizioni a forma di cuore. Cia-Agricoltori Italiani ricorda come il settore del fiore reciso italiano sia particolarmente legato (a differenza del Nord Europa) alle ricorrenze particolari: la festa della mamma, quella della donna, San Valentino e il giorno dei defunti, che rappresentano più del 50% degli acquisti annui di fiori. In questo 2022 giro d’affari della festa degli innamorati si attesta per Cia sugli 80 milioni di euro -in linea con il 2021- con la vendita di circa 30 milioni di fiori.
La crisi del sistema internazionale dei trasporti durante la pandemia ha, dunque, diminuito l’import estero delle rose, che vengono al 90% da Equador (le Freedom e Explorer), Colombia, Kenya (la famosa Red Naomi), Etiopia e Zimbabwe, dove il basso costo della manodopera e il clima caldo, che non necessita serre riscaldate, non rendono più competitiva da molto tempo la produzione europea di questo fiore, ben prima dell’attuale emergenza energetica. La poca produzione italiana, non riscaldata in serra, deve aspettare la bella stagione e non è pronta per la commercializzazione del 14 febbraio.
Se il rincaro del fiore simbolo di San Valentino è, quindi, effetto della scarsità di prodotto sul mercato, i floricoltori italiani non ne traggono grande vantaggio andando, sostanzialmente, in pareggio. La stima di una maggiore vendita di fiori italiani (+20%) dovrà, infatti, compensare i rincari dell’energia elettrica che -contrariamente a quanto sostenuto in questi giorni- non hanno a che vedere col riscaldamento delle serre. La maggior parte del prodotto floricolo italiani nei distretti toscani, campani e del ponente ligure coltiva, infatti, in campo aperto oppure in serra fredda. In queste realtà, il prezzo maggiorato di gas e gasolio (quello agricolo è passato da uno a 1,20 euro e si prevede che salga ancora di 10-15 centesimi) incidono piuttosto sulle irrigazioni di soccorso per fiori, che necessitano di essere preservati dalla prolungata siccità che ha contraddistinto questo inverno; oppure si abbattono su interventi ordinari e necessari come le per l’alimentazione delle celle di conservazione e le lampade per l’infiorescenza. Cia ricorda, inoltre, l’aumento del 30% di alcune materie prime indispensabili al settore florovivaistico, come il terriccio, gli antiparassitari o gli imballaggi. Il prezzo della plastica è aumentato del 18%, stessa percentuale di incremento anche per il legno, i listini delle torbe sono cresciuti del 10%, quelli dei prodotti fitosanitari del 10%.
In Italia il florovivaismo rappresenta il 5% della produzione agricola e conta 27 mila aziende e 100 mila addetti, di cui 20mila coltivano fiori e piante in vaso e 7mila sono vivai. Il comparto intero vale 2,5 miliardi di euro, con cinque Regioni che intercettano l’80% della produzione nazionale: la Liguria, che copre il 31% del totale, la Campania con il 16%, la Toscana con il 13%, la Puglia con l’11% e la Sicilia con il 10%.
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In Evidenza - 11 feb 2022
Fauna selvatica: Cia, a trent’anni da Legge tutela si chiede riforma radicale
A trent’anni dalla Legge 157/92 sulla fauna selvatica, il Paese è invaso da quasi 2 milioni di cinghiali e, ora, anche in allerta per il diffondersi della peste suina africana, dopo i casi in Liguria e Piemonte, tema tra l’altro, oggi, all’odg del Consiglio dei Ministri. Una riforma radicale della norma è quanto più urgente, ripartendo con il Mipaaf dal suo stato di attuazione, fermo al 2007. Così Cia-Agricoltori Italiani intervenendo, a Firenze, nell’ambito dell’evento Arci Caccia in occasione dell’anniversario e per stringere il cerchio sui luci, ombre e prospettive di un’emergenza ingombrante.
“Si torni in Parlamento per fare il punto sulla Legge 157/92, insufficiente a regolare un fenomeno ormai fuori controllo -ha detto all’incontro il vicepresidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Mauro Di Zio-. Istituzioni, politica, organizzazioni di categoria e attori sociali, tornino seriamente a confrontarsi per modificare e aggiornare un testo ormai estremamente superato e che mai ha avuto piena attuazione”.
Cia-Agricoltori Italiani, infatti, è da tempo che chiede di rivedere le regole di gestione della fauna selvatica e con il progetto “Il Paese che Vogliamo” del 2019 è arrivata anche a presentare al Governo la sua proposta di revisione della legge. Tra i punti chiave, come ricordato nei giorni scorsi per via dell’allerta PSA, l’attivazione di una campagna di controllo e riduzione del numero dei cinghiali, principali vettori, con figure qualificate e strumenti innovativi.
Quello che Cia sostiene e che il vicepresidente Di Zio ha ribadito alla platea di Arci Caccia, è la necessità di agire in modo razionale nella gestione della biodiversità, con un riequilibrio del rapporto fra uomini e ungulati. Ridurre la densità dei cinghiali con un prelievo selettivo, affidato a figure come il coadiutore e con l’utilizzo, per esempio, di visori notturni.
A rischio, nel caso specifico della peste suina, interi allevamenti di suini, eccellenza del Made in Italy, e più in generale, con l’aumento del numero dei cinghiali in circolazione, la tenuta di migliaia di imprese agricole. Senza dimenticare il tema della sicurezza pubblica con oltre 10 mila incidenti l’anno, provocati da cinghiali e animali selvatici.
“L’impegno deve essere nazionale, oltre che regionale -ha aggiunto Di Zio-. Tanti sforzi sono stati fatti, in questi anni, dalle amministrazioni territoriali per arginare il problema, per adeguare le misure di controllo, ma non può bastare. Serve una cabina di regia unica ed efficace, interventi più incisivi. Un approccio finalmente pragmatico che, adesso più che mai -ha concluso Di Zio- deve essere in grado di rispondere anche agli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale”.
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