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1 In Evidenza - 13 giu 2025

Estate 2025: agriturismi in Abruzzo, segnali contrastanti ma fiducia per la stagione estiva

In Abruzzo sono attualmente 568 gli agriturismi attivi, pari al 2,2% del totale nazionale. Un numero che colloca la regione al 16° posto in Italia (a pari merito con la Calabria), secondo gli ultimi dati ISTAT elaborati da Cresa – Centro Studi della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia.

Il quadro complessivo mostra segnali misti: da un lato una lieve crescita nel medio periodo (+2,3% dal 2019), dall’altro una flessione più marcata nel lungo periodo, con un calo di 68 strutture dal 2010 al 2023 (−10,7%), in controtendenza rispetto al +30,8% nazionale. Tra il 2022 e il 2023 si è registrato un saldo negativo di −18 attività (−3,1%).

Il settore agrituristico continua a rappresentare una risorsa strategica per il nostro territorio”, commenta Nicola Sichetti, presidente CIA Abruzzo. “Nonostante le difficoltà, il comparto conserva una forte capacità attrattiva, ma servono politiche mirate, accesso ai fondi europei e investimenti per innovare l’offerta e rispondere alla domanda contemporanea di turismo rurale, esperienziale e sostenibile. Il futuro del turismo rurale abruzzese passa dalle nuove generazioni”, continua Sichetti, “Se vogliamo davvero rilanciare il settore agrituristico, dobbiamo puntare su giovani imprenditori, innovazione e filiere corte legate al territorio”.

In Abruzzo il settore agrituristico si conferma una realtà dinamica, con caratteristiche distintive che lo rendono un modello interessante anche nel confronto con il resto del Paese. Una delle peculiarità più significative è la forte presenza femminile nella gestione delle strutture: il 46,6% degli agriturismi è infatti guidato da donne, una quota nettamente superiore rispetto alla media nazionale del 34,2%. Un dato che racconta di un imprenditorialità agricola al femminile sempre più solida e presente sul territorio.

Anche in termini di diffusione, la regione mostra una buona vitalità: la densità agrituristica per popolazione, pari a 4,5 strutture ogni 10.000 abitanti, risulta leggermente superiore a quella italiana. Le aziende si distribuiscono prevalentemente in collina (65%) e in montagna (35%), confermando la vocazione rurale dell’Abruzzo e la stretta relazione tra offerta turistica e paesaggio naturale.

Dal punto di vista dei servizi, l’82,9% degli agriturismi abruzzesi offre alloggio, il 70,4% ristorazione e oltre la metà (51,9%) propone attività complementari come sport, equitazione e fattorie didattiche. Anche qui la regione si colloca sopra le medie nazionali, evidenziando un’attenzione crescente verso la multifunzionalità e il turismo esperienziale.

Tuttavia, i dati del 2023 delineano anche alcune criticità. Lo scorso anno gli agriturismi abruzzesi hanno accolto 25.060 turisti, per un totale di 78.049 pernottamenti. Il soggiorno medio è salito da 2,9 a 3,1 notti, ma resta inferiore alla media italiana di 3,7 giorni. Ancora più preoccupante è la flessione rispetto al 2022: −11% di arrivi e −3% di presenze, mentre a livello nazionale si è registrata una crescita dell’11% e del 7% rispettivamente.

Il turismo internazionale continua a rappresentare una quota ridotta del mercato agrituristico abruzzese: solo il 19% degli arrivi e il 24% delle presenze proviene dall’estero, contro valori nazionali più che doppi (51% e 60%). Eppure, nel confronto con il 2019, si osservano segnali incoraggianti, con un aumento del 36% degli arrivi e del 23% delle presenze straniere.

“Nelle aree interne e montane l’agriturismo è molto più che turismo: è presidio sociale e presidio ambientale”, sottolinea Roberto Battaglia, presidente CIA L’Aquila-Teramo. “In territori come i nostri, spesso marginalizzati dai grandi flussi turistici, le aziende agrituristiche rappresentano una delle poche possibilità concrete di sviluppo locale. Non parliamo solo di ospitalità, ma di agricoltura viva, tutela del paesaggio, filiera corta, educazione ambientale”.

“Il turismo rurale è una grande risorsa per l’Abruzzo”, dichiara Domenico Bomba, presidente di CIA Chieti-Pescara “Gli agriturismi offrono esperienze autentiche e sostenibili, ma serve più attenzione da parte delle istituzioni: investimenti mirati, formazione e sostegno all’innovazione possono fare la differenza per rilanciare davvero il comparto”.

In Abruzzo le strutture restano mediamente più piccole (13 posti letto contro i 14 italiani; 35 posti a sedere contro 41) e meno diversificate nei servizi: meno del 20% propone degustazioni enogastronomiche, a fronte di una media nazionale del 25%.

“Dobbiamo puntare con decisione sull’innovazione dell’offerta”, afferma Domenica Trovarelli, presidente Turismo Verde Abruzzo. “Occorre rafforzare la multifunzionalità, allungare la durata media dei soggiorni, attrarre più turismo straniero. Gli agriturismi non sono solo strutture ricettive: sono veri e propri presìdi di territorio, strumenti fondamentali per contrastare lo spopolamento delle aree interne, valorizzare le produzioni tipiche e mantenere viva la cultura contadina. Investire su di loro”, conclude, “significa investire sul futuro dell’Abruzzo”.

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1 In Evidenza - 07 giu 2025

CIA Chieti-Pescara: “Trattori vecchi, costi alti e incentivi complicati: così si frena l’innovazione”

Trattori con oltre 20 anni, incentivi poco accessibili e costi in crescita: ecco cosa frena oggi
l’innovazione nelle campagne di Chieti e Pescara. È quanto emerge dal sondaggio “Acquistare
un trattore oggi: scelte, ostacoli e prospettive” realizzato da CIA Agricoltori Italiani Chieti-
Pescara, che ha raccolto opinioni, esperienze e aspettative di numerose aziende agricole locali.
“Il nostro territorio ha grande voglia di rinnovarsi”, commenta Domenico Bomba, Presidente di
CIA Chieti-Pescara, “Gli imprenditori agricoli non si tirano indietro, ma chiedono condizioni più
favorevoli per affrontare investimenti importanti come l’acquisto di un trattore”.
Secondo l’indagine, la maggior parte delle aziende agricole locali utilizza mezzi datati, spesso
impiegati ogni giorno e tutto l’anno. L’acquisto di un nuovo trattore avviene solo quando quello
in uso è ormai inutilizzabile. La sicurezza, purtroppo, non è ancora un fattore prioritario.
Eppure, l’apertura verso l’innovazione c’è: molti agricoltori sarebbero interessati a modelli
“smart”, più tecnologici e sostenibili, ma a condizione che siano accessibili grazie a incentivi
chiari e concreti.

Un dato significativo riguarda la scarsa diffusione delle agevolazioni: la maggior parte degli
agricoltori non ha mai usufruito di incentivi, e oltre il 70% afferma di non avere informazioni
sufficienti su come accedervi.

“Le imprese agricole sono interessate agli strumenti di sostegno, ma spesso si trovano di
fronte a procedure complesse o requisiti troppo rigidi”, spiega Bomba, “Semplificando
l’accesso, avremmo una risposta immediata e positiva”.

Molti agricoltori ricorrono a finanziamenti a rate o leasing agevolati, ma il costo resta un
ostacolo enorme: per un modello base, oggi servono anche 55.000 euro. Per questo cresce
l’interesse verso l’usato, nonostante oltre il 70% delle macchine di seconda mano superi i 15
anni di età.
Il calo della meccanizzazione è un fenomeno nazionale: nel 2024, il mercato dei trattori in Italia
ha toccato il minimo storico dal 1952, con 15.448 immatricolazioni e una flessione del 12,3%
rispetto al 2023. In controtendenza, il mercato dell’usato è cresciuto dell’8%, ma senza
contribuire realmente al rinnovamento del parco mezzi.

Tuttavia, circa il 70% di queste macchine ha più di 15 anni, segnalando un parco mezzi obsoleto
e meno efficiente, che rischia di frenare la competitività e la sostenibilità del settore agricolo.
Il territorio di Chieti-Pescara non è esente da queste dinamiche: alcune imprese agricole hanno
cessato l’attività nel 2024, ma quelle che restano sono sempre più attente alle scelte
economiche e all’efficienza delle macchine.

“Questo sondaggio ci dice una cosa chiara”, conclude Bomba, “gli agricoltori non sono
fermi. Hanno le idee chiare, vogliono innovare, ma serve un contesto più favorevole. Il
rinnovamento della meccanizzazione può rappresentare un’opportunità concreta, se
supportato con strumenti chiari e alla portata delle imprese.”

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1 In Evidenza - 03 giu 2025

Il Servizio Civile Agricolo è realtà. C’è il Decreto, Cia in alto nella graduatoria

Pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ora manca solo la comunicazione delle tempistiche per candidature e selezione dei volontari

Il mondo agricolo ha il suo il Servizio Civile Universale ad hoc. Finalmente è stato pubblicato il Decreto (n. 569/2025) con le graduatorie di valutazione dei progetti dedicati, che sanciscono ufficialmente il varo di questa nuova opportunità, annunciata da tempo ma solo ora pronta a concretizzarsi. Cia-Agricoltori Italiani, insieme al suo patronato Inac, ente accreditato al Servizio Civile, è in alto nella graduatoria di selezione con due progetti, che potranno coinvolgere 57 ragazzi in tutt’Italia, di un’età compresa tra i 18 e i 28 anni.

Adesso manca solo la comunicazione delle tempistiche per le candidature dei volontari e, poi, si potrà procedere con le selezioni per requisiti.

Chiaramente, si attende con ansia l’ultimo centimetro dell’iter previsto, per consentire a tanti giovani di avvicinarsi e scoprire un settore pieno di potenzialità, sempre alla ricerca di nuove competenze, anche all’interno del mondo dei servizi e dell’assistenza verso le aziende agricole. I progetti avranno la durata di un anno e i volontari percepiranno un compenso forfettario di 519,47 euro al mese.

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1 In Evidenza - 29 mag 2025

Pesche e nettarine 2025: l’Abruzzo si distingue per qualità e volumi in crescita

La campagna 2025 delle pesche e nettarine si apre con segnali particolarmente positivi dall’Abruzzo, dove si registra un aumento della produzione rispetto allo scorso anno e si registra una maggiore capacità di selezionare il prodotto già in campo, prima dell’immissione sul mercato. Questo consente una gestione più efficiente dell’offerta e garantisce standard qualitativi elevati, in grado di soddisfare sia il mercato interno che quello internazionale.

Le principali aree vocate alla frutticoltura, come la valle del Trigno, stanno confermando l’ottima performance dell’annata: circa il 50% del prodotto viene esportato, con un forte interesse da parte di mercati come Svizzera, Austria e Germania. L’altra metà della produzione viene distribuita con successo sul mercato italiano, segno della solidità della filiera abruzzese e della qualità riconosciuta del prodotto regionale.

“Il comparto ortofrutticolo rappresenta un pilastro per l’agricoltura abruzzese, non solo in termini economici ma anche per l’occupazione e la valorizzazione del territorio”, dichiara Domenico Bomba, presidente CIA Chieti-Pescara, “Quest’anno possiamo contare su una produzione abbondante e di qualità, che dimostra la capacità dei nostri produttori di affrontare le sfide climatiche e di mercato, mantenendo alto il livello dell’offerta. Serve ora un sostegno deciso per rafforzare l’export e la competitività delle nostre imprese.”

A livello nazionale, la stagione 2025 si preannuncia in linea con quella dello scorso anno, con una lieve flessione dei volumi nel Centro-Nord compensata dalla ripresa produttiva nel Sud. La produttività è attesa buona lungo tutto il calendario di raccolta, e finora non sono state segnalate criticità significative.

Grazie all’andamento climatico favorevole, l’offerta di quest’anno presenta un calibro mediamente superiore, un elemento che valorizza ulteriormente la qualità complessiva del prodotto. Le epoche di raccolta si mantengono regolari: in linea con il 2024 al Sud e con un lieve ritardo al Nord, a seconda delle zone. L’Abruzzo si conferma così protagonista di una stagione che, nel complesso, mostra segnali incoraggianti per tutto il comparto nazionale delle drupacee. L’ortofrutta resta uno dei settori chiave del Made in Italy agricolo, su cui continuare a investire in termini di innovazione, aggregazione e promozione internazionale.

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2 In Evidenza - 23 mag 2025

L’Abruzzo al quarto posto per agricoltura sostenibile e ridotte emissioni di gas serra

L’Abruzzo si distingue a livello nazionale per le sue eccellenti performance in ambito di agricoltura sostenibile e gestione delle emissioni. A confermarlo sono i dati diffusi dalla piattaforma Ciro (Climate Indicators for Italian Regions), realizzata da Italy for Climate in collaborazione con ISPRA, che analizza in modo sistematico le performance climatiche delle regioni italiane.

Nel comparto agricolo, la nostra regione mostra risultati di assoluta eccellenza: con un utilizzo medio di fertilizzanti pari a soli 47 kg/ettaro, l’Abruzzo consuma meno della metà rispetto alla media nazionale, che supera i 100 kg/ha. Questo dato si affianca a un’elevata capacità di assorbimento naturale della CO₂, grazie al patrimonio forestale regionale, contribuendo in modo significativo alla riduzione delle emissioni climalteranti.

Inoltre, è in crescita anche la quota di agricoltura biologica, aumentata di 2,5 punti percentuali in un solo anno, e la percentuale di energia da fonti rinnovabili, che copre il 23% dei consumi energetici regionali, superando la media nazionale del 19%.

“Questi risultati testimoniano l’impegno concreto degli agricoltori abruzzesi verso un modello produttivo più attento all’ambiente e alla qualità delle produzioni. Come CIA, siamo orgogliosi di rappresentare un territorio che sa guardare al futuro dell’agricoltura con responsabilità e innovazione”, dichiara il Presidente provinciale Domenico Bomba.


Il report evidenzia tuttavia anche aree critiche su cui intervenire: in particolare, la rete idrica regionale continua a registrare elevate perdite, rimanendo tra le peggiori in Italia. Nonostante ciò, il basso consumo di suolo (pari al 5% della superficie regionale) e la ridotta esposizione agli eventi estremi rappresentano ulteriori punti di forza dell’Abruzzo in ambito ambientale.

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1 In Evidenza - 21 mag 2025

Gaza: Cia, intollerabile affamare un popolo. Ora fermare Netanyahu

Subito dopo il 7 ottobre 2023, il mondo intero si è stretto al popolo israeliano, vittima di un vile attacco da parte della formazione terroristica Hamas. Era prevedibile e anche comprensibile una forte reazione di Israele per liberare gli ostaggi catturati e per difendere i propri cittadini da futuri attacchi. Ma, dopo quasi due anni, ci troviamo nella condizione in cui diventa impossibile distinguere tra la sacrosanta necessità di difesa di Israele e le palesi violazioni del diritto internazionale e dei basilari diritti umani perpetrati dal governo di Benjamin Netanyahu sulla popolazione civile di Gaza. È inaccettabile affamare un popolo, questo scempio va fermato subito. Così Cia-Agricoltori Italiani, in merito al conflitto in atto.

Sia come cittadini che come organizzazione di agricoltori, profondamente impegnati nella tutela del diritto al cibo, non possiamo rimanere in silenzio di fronte alla fame deliberata che oggi colpisce la popolazione civile della Striscia di Gaza -sottolinea Cia-. Milioni di persone, in gran parte bambini, donne e anziani, stanno affrontando una crisi alimentare senza precedenti. Il blocco quasi totale degli approvvigionamenti, il bombardamento delle infrastrutture agricole e la distruzione sistematica di campi, serre, mercati e impianti idrici hanno reso impossibile qualsiasi forma di autosufficienza o di accesso regolare al cibo.

           
Secondo le principali agenzie umanitarie, oggi a Gaza si sta sfiorando il livello più estremo dell’insicurezza alimentare acuta, con il rischio concreto di carestia. Questa non è una conseguenza inevitabile della guerra, ma il risultato diretto di scelte politiche e militari scellerate da parte di Netanyahu, che stanno trasformando il cibo -un diritto fondamentale e inalienabile- in un’arma di pressione e punizione collettiva.

           
Come Cia, condanniamo fermamente ogni guerra e, in particolare, l’uso della fame come strumento di guerra. Il diritto al cibo è sancito dal diritto internazionale e deve essere rispettato in ogni circostanza, anche nei conflitti.

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News Cia Abruzzo

1 In Evidenza - 22 mag 2021

Dl Sostegni bis: Cia, rimediare credito imposta 4.0. Bene Iva zootecnica e misure agriturismo

Nel Dl Sostegni bis non compare la cessione del credito d’imposta 4.0 per le imprese che investono in innovazione come previsto nel Piano Transizione 4.0. Una soluzione attesa e un’occasione mancata, su cui rimediare con un ordine del giorno in sede parlamentare. E’ quanto afferma e chiede Cia-Agricoltori Italiani dopo una prima lettura del testo, approvato in Consiglio dei Ministri, e ritenuto comunque importante per l’attenzione al settore agricolo con uno stanziamento di 2 miliardi di euro. 

Per Cia, infatti, ci sarebbe ancora margine di manovra per salvare una misura estremamente strategica per l’economia delle aziende, non solo agricole, e necessaria alla ripartenza in chiave innovativa e sostenibile. Nello specifico, potrebbe replicarsi quanto avvenuto con il Dl Sostegni, prima del grave stralcio dal maxiemendamento. Dunque, durante la conversione in legge del Dl Sostegni bis, ci sarebbe ancora la possibilità di dare seguito a una richiesta per la quale, tra l’altro, è ormai evidente il fronte comune tra forze sociali e politiche. 

La determinazione di Cia sulla materia, è sostenuta da un anno di battaglie sul tema sin dalla Legge di Bilancio 2020 e dai ripetuti interventi nei vari provvedimenti da inizio pandemia. Escludere la cessione del credito d’imposta 4.0 vuol dire, per Cia, voler penalizzare il futuro green delle imprese agricole, andando tra l’altro in controtendenza rispetto all’impegno assunto con l’Europa e agli stessi interventi in favore dell’agricoltura presenti del Dl Sostegni bis.

Nel testo del governo, Cia trova accolte, sebbene in alcuni casi solo in parte, alcune delle istanze avanza dalla stessa organizzazione negli ultimi mesi, come la compensazione dell’IVA zootecnica (suini e bovini) innalzata al 9,5%; il riconoscimento degli addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica (imprenditore agricolo e familiari) come lavoratori agricoli anche ai fini della valutazione del rapporto di connessione tra attività agricola e agrituristica e la semplificazione sul tempo di lavoro, necessario all'esercizio, tra i requisiti di connessione tra agriturismo e attività agricola. E ancora, l’esonero contributivo per vino e agriturismo; il sostegno al settore bieticolo-saccarifero; il rafforzamento dello strumento delle garanzie Ismea a favore degli imprenditori agricoli e della pesca. Il “102 in deroga" per le imprese agricole colpite dalle gelate di aprile e che non beneficiavano di assicurazione rischio gelo e brina. In quest’ultimo caso, precisa Cia, è auspicabile però, un incremento delle risorse. I 105 milioni a valere sul Fondo di solidarietà Nazionale rischiano di essere non efficienti visti i danni ingenti.
“Continueremo a dialogare con le istituzioni in modo costruttivo -ha commentato il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino-. Assicuriamo agli imprenditori agricoli la nostra massima attenzione affinché in fase di conversione, il Parlamento reintroduca la cessione del credito dimposta 4.0 e il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà Nazionale”. 

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1 In Evidenza - 21 mag 2021

Biologico: Cia, Legge approvata in Senato. Avanti per Italia protagonista

Il Senato approva la legge nazionale sul biologico e finalmente l’Italia può dirsi più vicina a un ruolo da protagonista nel settore su scala globale, forte di una leadership ampiamente riconosciuta a livello Ue e internazionale, in termini di produzione, superfici, consumi e valore dell’export. Così Cia-Agricoltori Italiani e Anabio, la sua associazione per la promozione del biologico, soddisfatte del passaggio definitivo in Senato della norma “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” di cui ora si attende iter rapido e risolutivo anche alla Camera.
Per Cia e Anabio, l’attuale testo può considerarsi coerente con la nuova legislazione comunitaria di riferimento e costituisce, quindi, la forma più avanzata per consentire al biologico italiano di produrre valore per il Paese, di recepire le esigenze dei cittadini, di essere coerente con le diverse strategie Ue. Al tempo stesso, la legge sul bio di cui ora può disporre il settore, garantisce equilibrio e, quindi, rispetto anche per le altre forme di agricoltura praticate in Italia.
L’ok al disegno di legge da parte del Senato, continuano Cia e Anabio, arriva dopo un lungo iter nelle aule parlamentari, sin dal 2013, fallito per motivi oscuri al termine della XVII legislatura, riproposto all’inizio della XVIII legislatura nella sua sostanziale impostazione e approvato dalla Camera dei Deputati a dicembre 2018. Ora che l’Italia riapre, facendo i conti con le pesanti ripercussioni della pandemia sull’economia del Paese, una legge nazionale di sistema specifica per il biologico, settore non salvo dalle gravi perdite per il Covid, può rappresentare un’opportunità cruciale per esplorare e capitalizzare tutte le potenzialità produttive del comparto, quanto a difesa dell’ambiente e legame con i territori di produzione, salubrità e tutela dei diritti sociali. Il disegno, infatti, contiene misure importanti per favorire l’ulteriore crescita di un settore che conta 2 milioni di ettari coltivati, impegna 80.000 operatori e vale 3,5 miliardi di euro. Nello specifico, faranno bene allo sviluppo del bio, sotto il profilo economico e ambientale, i biodistretti e tutti gli strumenti di aggregazione, in primis OI e OP, oltre all’istituzione di un marchio biologico italiano.
Infine, precisano Cia e Anabio, avere una legge nazionale sul bio, vuol dire poter contare concretamente su un pilastro fondamentale per la costruzione del suo futuro agricolo come indicato dal Green Deal Ue che vede proprio nel biologico uno dei driver principali per la transizione del sistema agroalimentare verso la sostenibilità. 

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1 In Evidenza - 21 mag 2021

Giornata Api: Cia, senza di loro a rischio 70% produzione agricola mondiale

Sono scomparsi più di 10 milioni di alveari nel mondo solo negli ultimi cinque anni. Colpa dei cambiamenti climatici, che mettono a rischio la sopravvivenza delle api, tra aumento delle temperature e diffusione di nuovi parassiti, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. Così Cia-Agricoltori Italiani che, nella Giornata Mondiale delle Api, rilancia l’allarme sullo stato di salute di questi insostituibili impollinatori, da cui dipende il 70% della produzione agricola mondiale, e quindi del cibo che arriva a tavola, e aggiunge: “Diventa sempre più fondamentale, dunque, promuovere misure che favoriscano e tutelino lo sviluppo dell’apicoltura”.

            Tra le conseguenze peggiori del climate change c’è proprio la diminuzione drastica del numero di api. Il rialzo delle temperature del pianeta, infatti, costringe le api a cambiare habitat e spostarsi continuamente alla ricerca di areali più freschi. Mentre lo stravolgimento delle stagioni, con primavere anticipate e freddo fuori periodo, ha effetti negativi sulla loro capacità produttiva e riproduttiva. In più, il riscaldamento globale facilita la proliferazione dei cosiddetti “parassiti dell’alveare”.

            Ma se non si interviene subito e in maniera integrata, presto le varietà di miele, così come di ortaggi e frutta, saranno sempre più scarsi, o non disponibili, o con prezzi più alti, considerato che dal servizio di impollinazione di questi insetti provengono 90 delle 115 principali coltivazioni mondiali. Ecco perché -evidenzia Cia- ancora di più oggi, all’apicoltura deve essere riconosciuta la funzione fondamentale di base del sistema agricolo.

            Una funzione insostituibile, in primis in Italia, dove oltre 68.000 apicoltori curano ogni giorno 1,6 milioni di alveari sparsi nelle campagne nazionali, salvaguardando la biodiversità e mantenendo le tante varietà di mieli locali, nonostante i cali di produzione dovuti appunto alle avversità atmosferiche.

            Proprio oggi al Mipaaf c’è il Tavolo miele -ricorda Cia- dove chiediamo maggiore sostegno al mercato del miele nazionale, attraverso campagne di promozione e di comunicazione, e un efficace piano di controllo sui mieli importati (spesso adulterati). Più in generale, vogliamo che le istituzioni tutelino l’apicoltura, introducendo adeguate misure di sostegno assicurativo contro le calamità naturali; intervenendo sul sistema fiscale con un’aliquota Iva agricola anche per servizi di impollinazione, pappa reale e polline; valorizzando il comparto attraverso misure specifiche nella futura Pac.

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1 In Evidenza - 20 mag 2021

Covid 19: linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 28 aprile, ha approvato le "Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali" (elaborate con il supporto degli uffici di prevenzione dei Dipartimenti di Sanità pubblica delle Regioni e delle Province autonome).

Il testo in allegato.

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1 In Evidenza - 20 mag 2021

Vendita diretta: Cia, botteghe agricole traino del post-Covid. Sono garanzia per 70% famiglie

L’Italia riapre e inizia a svelare con più chiarezza quelli che saranno i nuovi stili di vita degli italiani a più di un anno da inizio pandemia. In fatto di modalità di acquisto, per esempio, non intendono rinunciare al negozio di vicinato, soprattutto se alimentare con materie prime fresche e di stagione. Questo il trend confermato nel Paese dal 70% delle famiglie e potenziale ancoraggio per far ripartire anche tutta l’economia delle piccole attività commerciali. A dirlo è la Spesa in Campagna, Associazione per la vendita diretta di Cia-Agricoltori Italiani, in occasione del webinar “La bottega di la Spesa in Campagna. Punto d'incontro tra agricoltore e cittadino-consumatore”.

Secondo l’Associazione Cia, infatti, da marzo 2020 a oggi, lockdown e restrizioni, hanno aperto un nuovo varco nel rapporto tra agricoltori e cittadini che hanno scelto le botteghe agricole di prossimità come punti di riferimento, “unici” per vicinanza, ma anche ideali per sicurezza, cioè minor rischio assembramenti e contagio, e qualità delle materie prime, tornate una priorità nella cura fisica. Contemporaneamente, sottolinea la Spesa in Campagna-Cia, sono aumentate sia le aziende agricole interessate a entrare nel circuito della vendita diretta (+5%), che le richieste da parte dei consumatori che, nello specifico, hanno fatto incrementare del 40% il fatturato annuo delle botteghe. Rimaste sempre aperte, hanno assicurato approvvigionamento in città come nelle periferie e hanno contributo al boom della consegna a domicilio, essenziale per il 60% degli italiani.

Inoltre, come raccontano le aziende delle botteghe Cia, sono clienti affezionati, sempre più giovani (+10%) e anche studenti (+5%) con percentuale di donne e uomini pressoché identica. Con la riduzione dello smart working e il ritorno in ufficio, 2 lavoratori su 3 già avvertono che forse cucineranno meno, ma senza perdere l’abitudine di mangiare sano, magari piatti pronti al banco dell’agricoltore di fiducia. Per la Spesa in Campagna-Cia, infatti, l’Italia in emergenza per il Covid, ha rafforzato l’esigenza delle buone abitudini e nei quartieri come nelle comunità, agli agricoltori è stato riconosciuto un ruolo cardine, anche sociale e culturale. Le botteghe hanno così fatto da punto d’incontro destinato a diventare consuetudine, come accaduto con la Spesa in Campagna-Cia a Siena e Pescara.

In Toscana, la bottega di Siena è un unicum. Nata nel 2012, è passata da 17 a oltre 40 aziende sotto lo stesso tetto e ora aggregate in rete d’impresa. In 15 giorni dall’inizio del Covid, hanno messo a sistema la consegna a domicilio, supportando anche persone in quarantena. Oggi, nel rispetto di sicurezza e stagionalità degli alimenti, conferiscono prodotti locali anche alle mense scolastiche sul territorio. In Abruzzo a Pescara, la bottega la Spesa in Campagna-Cia, sta per traslocare in uno spazio di 150 mq e le aziende da 56 diventeranno il doppio. Faranno spazio, sollecitate dai clienti, a ristomercato, aule didattiche e libreria, confermando anche la sezione equo e solidale. La bottega in città è nata nel 2018 quando gli agricoltori Cia si sono accorti che i pullman turistici organizzati d’estate per fare visita alle aziende, erano per lo più frequentati da cittadini.

“Il mondo del retail è in evoluzione, la Gdo sta studiando nuove soluzioni e ci si muove secondo la logica della prossimità. Con la Spesa in Campagna-Cia -ha commentato il presidente Matteo Antonelli- lavoriamo perché le aziende agricole di piccole e medie dimensioni possano, in questo contesto, trovare il loro meritato spazio. La bottega è in questo senso strategica, si completa con i mercati contadini e cresce con l’e-commerce su cui Cia sta puntando con la sua piattaforma dalcampoallatavola.it".

“Nella fase attuale di vera ripresa per il Paese -è intervenuta Claudia Merlino, direttore generale di Cia-Agricoltori Italiani- è necessario aiutare aziende e cittadini a consolidare e far crescere quanto costruito con tanta fatica in questo lungo anno. Il valore dell’agroalimentare Made in Italy, forte anche di un rapporto autentico tra agricoltori e consumatori, si è affermato grazie anche alle botteghe la Spesa in Campagna-Cia e va capitalizzato. Fanno da collante nelle comunità e possono creare terreno per la ripartenza di tante attività commerciali ora a saracinesche abbassate”.

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1 In Evidenza - 19 mag 2021

Ortofrutta: Cia, Italia al 19° posto per logistica. Recuperare gap con risorse PNRR

Con un quarto della produzione agricola nazionale per un valore di 15 miliardi di euro, l’ortofrutta si conferma un comparto cruciale del Made in Italy. Eppure le potenzialità di sviluppo e rilancio sui mercati interni ed esteri sono enormi, perché da un lato l’ortofrutta sconta ancora un gap infrastrutturale con criticità nella logistica e nelle fasi di stoccaggio e distribuzione, e dall’altro soffre una crescente pressione competitiva globale con un progressivo peggioramento nel rapporto concorrenziale con altri Paesi produttori. Due questioni da capovolgere con strategie di sistema per sfruttare al meglio anche il cambiamento impresso dal Covid alle abitudini di consumo, con la metà delle famiglie che acquista frutta e ortaggi perché necessari a una dieta varia ed equilibrata (27%) e perché salutari (23%). Controllando sempre la stagionalità (63%), evitando gli sprechi (59%) e preferendo i prodotti freschi ai confezionati e surgelati (59%) dall’inizio della pandemia. È quanto emerge dall’ultimo webinar “Il valore nell’ortofrutta, dalla filiera al sistema” organizzato da Cia-Agricoltori Italiani per sostenere l’Anno Internazionale della Frutta e della Verdura 2021 promosso dalla FAO.

         Per ridare slancio al comparto, prima di tutto occorre agire sulle infrastrutture. Secondo i dati dell’Osservatorio Focus Ortofrutta di Nomisma presentati al webinar, infatti, il Logistic Performance Index della World Bank assegna all’Italia solo il 19° posto, contro il primo della Germania e il nono del Regno Unito. Basti pensare al costo per chilometro dell’autotrasporto, su cui viaggia il 90% dell’ortofrutta, pari a 0,43 euro in Italia, quasi il doppio rispetto ai competitor tedeschi (0,30 euro) e spagnoli (0,28 euro). “Il cambiamento di cui parliamo non può che passare da qui. L’Italia ha un grande divario infrastrutturale -ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino- che, attraverso gli 800 milioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedicati allo sviluppo della logistica nel settore agroalimentare, dovremo affrontare e superare: riduzione della spesa e dell’impatto ambientale del sistema dei trasporti, digitalizzazione dei servizi, miglioramento delle capacità di stoccaggio, dell’accessibilità ai servizi hub e della capacità logistica dei mercati all’ingrosso”. Tutto nell’ottica di rinnovare la catena di distribuzione e ampliare le tradizionali relazioni di filiera, per costruire un vero e proprio “patto di sistema”, con l’obiettivo di arrivare a una più giusta ripartizione del valore (oggi su 100 euro spesi dal consumatore, solo 6/8 euro restano in tasca all’agricoltore), ma anche di raggiungere maggiori standard di sostenibilità, eliminare le inefficienze, promuovere investimenti e innovazioni in scala, sviluppare progetti di promozione unitaria.

         Altrettanto fondamentale è riguadagnare competitività sul fronte export. Sebbene nel pieno della pandemia le esportazioni di ortofrutta fresca dall’Italia siano cresciute più della media del quinquennio precedente (+3,8% nel 2020 sul 2019 contro il +2,5% medio annuo tra il 2014 e il 2019), come dimostrano i dati dell’Osservatorio Nomisma per Cia, il posizionamento dell’Italia a livello globale sta perdendo quota. Nei Top 10 Exporter di ortofrutta fresca nel mondo, il Belpaese è nono in classifica, con 5 miliardi di fatturato sui mercati stranieri e una crescita del 32% in dieci anni. Nello stesso lasso di tempo, Paesi esportatori come Usa, Spagna e Cina hanno raggiunto un giro d’affari annuo tra i 14 e i 17 miliardi nel 2020, con un incremento del +100% rispetto al 2010. Competitor che corrono più veloci, quindi, in particolare “l’avversario” storico di Madrid. In un decennio, infatti, la differenza nell’export ortofrutticolo tra Italia e Spagna è triplicata a +228%. Colpa anche della burocrazia, con il “time to export” dell’Italia che è il doppio di quello spagnolo (19 giorni contro 10) e quasi il triplo di quello olandese e Usa (rispettivamente 7 e 6 giorni).

         “Il settore ortofrutticolo nazionale si trova quindi in uno scenario complicato dove, accanto alle pressioni competitive di mercato, i produttori soffrono sempre più spesso gli effetti devastanti delle avversità climatiche -ha evidenziato Scanavino-. Per quanto importante, però, il mercato interno non è in grado di garantire da solo una tenuta della produzione ortofrutticola, anche perché è sempre più esposto alla concorrenza estera”. Per questo, ha continuato il presidente Cia, “considerando anche le sfide a cui è chiamato il settore, come il Green Deal, non sono più rinviabili gli interventi necessari a recuperare i gap di competitività con i competitor, né quelli finalizzati a rendere più efficiente la filiera a livello nazionale. Interventi che riguardano sia il Sistema Paese che le singole imprese, sfruttando tutte le opportunità offerte dal Recovery Plan, dalla Pac (innovazione digitale, nuove tecnologie, gestione del rischio) e anche da nuove relazioni commerciali nell’area del Mediterraneo, in particolare con i Paesi del Nord Africa”. E in questo quadro, ha concluso Scanavino, “il patto di sistema tra tutti gli operatori della filiera è condizione indispensabile per la vera ripresa post Covid e l’acquisizione della necessaria resilienza per affrontare le sfide future”.   

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